Il pachiderma Rai si muove con lentezza, quando poi la guida politica non è sicura i motori si bloccano. Tipo sul pacchetto di nomine fermo ormai da mesi, e parliamo delle vicedirezioni delle reti Rai, le poltrone che mandano avanti la macchina. I vicedirettori sono ancora quelli dell'epoca Renzi-Gentiloni, malgrado siano passati otto mesi dall'insediamento dei nuovi vertici. Congelate anche le nomine dei direttori delle nuove macroaree (trovata invece la sistemazione per l'ex dg Orfeo: presidente di RaiWay). Ad ogni cda si rinvia a quello successivo, senza mai arrivare al dunque. Perchè? «Non si trova l'incastro giusto» dicono. L'incastro è quello tra le richieste di M5s e Lega, che non trovano l'accordo su come distribuirsi le poltrone.
Il punto di rottura è chiaro: l'equilibrio tra i due partiti è completamente cambiato rispetto ai numeri delle elezioni politiche, fotografati dal Parlamento. Il M5s ha più parlamentari, ma al momento la Lega ha più di dieci punti percentuali del M5s. Dunque come ci si divide le direzioni? La Lega non ha fretta, tanto che gira voce che il pacchetto di nomine slitterà al dopo Europee, quando i rapporti di forza tra i due potrebbero essere ufficialmente diversi. Ma il quadro è complicato anche dal fatto che entrambi non hanno dirigenti di fiducia in Rai, e quindi si devono affidare allo scouting. Il M5s ha delegato tutto all'amministratore delegato Salini (che alcuni rumors danno già traballante), arrivato in Rai in quota Di Maio, mentre la Lega prova a guardare all'esterno. Il partito di Salvini ha sondato la possibilità di ingaggiare il giornalista Roberto Poletti, ex inviato nelle piazze di Paolo Del Debbio, autore del «primo manuale sul leader leghista (Salvini&Salvini - Il Matteo-Pensiero dall'A alla Z) e volto noto delle tv locali lombarde. Ma i leghisti si sono subito scontrati con i paletti per l'assunzione di esterni in Rai.
C'è poi il fatto che il sovranismo in Rai non sta pagando in termini di share. Insomma meglio non mettere troppo la faccia sulla Rai. E infatti nell'entourage leghista circola proprio questa suggestione: che Salvini preferisca una Rai ancora di sinistra ad una Rai salvinizzata. «Con Fazio in prima serata non c'è bisogno neppure di fare campagna elettorale» avrebbe detto ai suoi.
Basta una puntata del conduttore, magari con Saviano o un altro ospite pro-immigrazione, e sono valanghe di consenso automatico per Salvini. Altro che qualche vicedirettore in quota Lega, mille volte più efficace Fazio.
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