E se il prossimo fosse italiano

Molti predicatori nel nostro Paese sono legati al terrorismo islamico

E se il prossimo fosse italiano

Non meravigliatevi se il prossimo terrorista islamico tagliagola, anziché chiamarsi «John» ed essere nato a Londra, com'è probabilmente il caso del boia che ha sgozzato e decapitato il giornalista americano James Foley, si chiamerà «Antonio» e sarà un italiano convertito all'islam, o sarà un immigrato di seconda generazione che parla correttamente l'italiano essendo nato in Italia, o avrà «Nino» come nomignolo trattandosi di un immigrato residente stabilmente nel nostro Paese.

Sarebbe potuto succedere che al posto di «John» ci fosse stato Giuliano Ibrahim Delnevo, che aspirava a morire da «martire», ucciso lo scorso anno in Siria, e che scriveva a Umberto Marcozzi, un altro giovane italiano convertito all'islam: «Se Allah vorrà vinceremo! Sai che qui accadono miracoli? I martiri profumano. Gli aerei vengono abbattuti con le preghiere. Fratello nessuno a parte Allah ci aiuta: abbiamo vecchie armi prese dall'esercito, addirittura fatte in casa. Tutte cavolate quelle che l'Occidente ci aiuta: spariamo a questi porci con razzetti artigianali sparati da tubi riciclati ma è Allah che li terrorizza e ci permette di andare avanti, le vostre preghiere sono molto importanti».

Già il 14 aprile 2004, quando i terroristi islamici della Brigata Verde del Profeta uccisero il nostro Fabrizio Quattrocchi in Irak, emerse che tra i rapitori c'era chi conosceva l'italiano e probabilmente era un immigrato residente in Italia.

Successivamente abbiamo avuto la conferma che decine di immigrati, le cui carte d'identità italiane furono rinvenute in Irak, avevano perso la vita combattendo da terroristi islamici. Alcuni di loro si fecero esplodere dopo aver subito un lavaggio di cervello nella moschea di viale Jenner a Milano, il cui imam Ali Erman Al Husseini, Imad, nel 1998 mi disse: «Il Corano ha ordinato il jihad contro i nemici dell'islam. La guerra. Se ci costringono a combattere, come in Bosnia, dobbiamo combattere, dobbiamo andare ad aiutare i nostri fratelli a respingere l'aggressore. Non possiamo essere criminalizzati perché aiutiamo dei musulmani con i soldi, con le armi e con la vita». Abu Imad, dopo avere scontato una condanna di tre anni e otto mesi per terrorismo islamico internazionale, è stato espulso in Egitto.

Il più recente caso di imam espulso, il marocchino Abd al-Barr ar-Rawdi, imam di San Donà di Piave, evidenzia la sete di sangue che anima la mente di questi terroristi islamici. Il suo sermone lo scorso 25 luglio si concluse con questa invocazione: «Oh Allah contali tutti, annientali tutti, non ne tralasciare nemmeno uno. Trasforma il loro cibo in veleno, rendi l'aria che respirano rovente, rendi il loro sonno pieno di incubi e buie le loro giornate. Oh Allah semina il terrore nei loro cuori».

Gli investigatori ritengono che in Italia ci siano almeno quattro organizzazioni islamiche legate al terrorismo internazionale, 108 sono le moschee radicali e 18 gli imam che predicano odio, violenza e morte. Sono 11 le moschee e i centri islamici coinvolti in attività terroristiche. Dal 2001 sono stati arrestati più di 120 islamici legati alle moschee accusati di terrorismo.

Tra loro spicca l'imam della Grande moschea di Roma, l'egiziano Abdel Samie Ibrahim Moussa, che il 6 giugno 2003 concluse il suo sermone elevando queste invocazioni: «O Allah, fai trionfare i combattenti islamici in Palestina, in Cecenia e altrove nel mondo! O Allah, distruggi le case dei nemici dell'islam! O Allah, aiutaci ad annientare i nemici dell'islam!». Anche lui fu espulso.

La realtà del britannico «John» e quella dei focosi imam e aspiranti «martiri» italiani ci conferma innanzitutto che il terrorismo islamico non solo ha messo solide radici in Europa ed è pertanto un fenomeno autoctono, ma che i terroristi islamici europei sono tra i più efferati e sanguinari come conferma un altro sgozzamento e decapitazione di un soldato inglese di 25 anni, Lee James Rigby, avvenuto il 23 maggio 2013 non nel deserto iracheno ma a Londra, a opera di due britannici di origini nigeriane che hanno perpetrato una barbarie con lo scopo di pubblicizzare il loro odio nei confronti della nostra civiltà.

In secondo luogo ci conferma che il fronte della guerra è unico ed è globalizzato. Questa è veramente la terza guerra mondiale, come ha detto Papa Francesco. Ma attenzione: se non vogliamo soccombere e vincere il terrorismo islamico dobbiamo combattere.

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