E se Vladimir all'ultimo facesse saltare il tavolo? Ecco perché è possibile

Lo Zar potrebbe sfruttare la fretta Usa per alzare la posta e tagliare fuori l'Ue

E se Vladimir all'ultimo facesse saltare il tavolo? Ecco perché è possibile
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E se alla fine saltasse tutto? Niente Alaska, niente stretta di mano di Trump a Putin su suolo americano, niente intesa di Ferragosto?

Non è molto probabile, intendiamoci: sul tavolo dell'annunciato incontro al vertice c'è molto più del destino dell'Ucraina e sia a Washington sia a Mosca attribuiscono grande rilievo alle previste discussioni in tema di equilibri strategici, di controllo delle regioni artiche e - last but not least - di apertura a nuove frontiere commerciali tra due realtà oggi lontanissime tra loro.

Epperò. L'insistenza di Kiev e del blocco europeo nell'escludere che Zelensky venga lasciato fuori dalla porta mentre gli autoproclamati Grandi discutono del destino del suo Paese, che è strettamente connesso con la sicurezza dell'Europa, ha costretto Trump a riconsiderare la questione. Almeno a parole. È chiaro che il presidente degli Stati Uniti e quello russo avrebbero tutta l'intenzione di giocarsela in privato, ma cominciano a percepire che potrebbe essere più complicato del previsto.

La reazione rabbiosa e tutt'altro che diplomatica del Cremlino, che ha parlato di "volantini nazisti" e di "euroimbecilli" per screditare le pretese ucraine ed europee, è rivelatoria. Non solo del fatto che in questo 2025 chi usa metodi e linguaggio degni di un Hitler e di un Goebbels è proprio la Russia di Putin che fa strame del diritto internazionale mentre ulula all'immaginario nazismo altrui, ma soprattutto che il Putin ben disposto a stringere la mano di Donald Trump non intende rinunciare al principio cardine di Monaco 1938: ammettere al tavolo il leader sconfitto di un Paese da smembrare (allora la Cecoslovacchia, oggi l'Ucraina) solo all'ultimo minuto e a cose fatte, per fargli sottoscrivere il patto già concordato da altri sulla sua testa.

La sola eventualità che Zelensky si materializzi in Alaska, del resto, butterebbe all'aria il senso stesso del vertice quale lo percepiscono al Cremlino: un'occasione preziosa per riesumare il contesto pre 1989, quando Mosca e Washington facevano da sole il bello e il cattivo tempo nel mondo intero.

Tenendo conto che Putin ha come bussola dei suoi rapporti con l'Occidente l'allontanamento degli europei dagli americani, ecco allora che potrebbe seriamente valutare di far saltare il tavolo alaskano dando la colpa agli "euroimbecilli". Così facendo, infatti, potrebbe ragionevolmente aspettarsi da Trump due reazioni per lui molto positive: che riversi la sua collera per il naufragio di Ferragosto su Kiev e su Bruxelles, e che di conseguenza torni disponibile a condividere con il Cremlino la ipocritissima retorica della "pace" come priorità assoluta. Naturalmente a tutto danno degli ucraini e degli europei.

Fantapolitica? È probabile. Mai sottovalutare, però, la spregiudicatezza di Vladimir Putin. Il quale ha ben capito che Trump non è per nulla mosso da un sincero afflato pacifista (su altri quadranti le sue scelte sono ben diverse), ma che è interessato unicamente a gloria e potere personali.

Se il dittatore russo deciderà di non andare in Alaska, potrà farlo strizzando l'occhio a Trump e dandogli appuntamento a un prossimo vertice, che si potrà sempre tenere una volta che "imbecilli e nazisti" siano stati messi al loro posto. In un contesto che appare piuttosto confuso, una cosa sola è infatti al momento certa: che Trump ha fretta, ma Putin assolutamente no.

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