La cena milanese del premier Matteo Renzi di mercoledì scorso, organizzata dal finanziere Francesco Micheli, oltre a procurargli nuove simpatie e finanziatori tra gli imprenditori del Nord, avrebbe aperto anche un inedito fronte bancario. Quello del Credito Valtellinese, storico istituto lombardo appena trasformato in spa.
A entrare nel capitale del Creval, 18esima banca italiana per attivi con oltre 500 sportelli, sarebbero interessati vari investitori e tra questi lo stesso Micheli. L'idea vedrebbe coinvolto anche il presidente della banca, Miro Fiordi, come «facilitatore» di un'operazione amichevole, mirata in definitiva a creare nel Creval un nocciolo duro di azionisti che, al momento, è quasi del tutto assente.
Dopo l'assemblea della scorsa settimana, che ha votato la trasformazione da Popolare (cioè società cooperativa) a spa, Creval è diventata la più pura tra le public company della Borsa italiana, con qualche decina di migliaia di piccoli azionisti: in assemblea era presente poco più del 6% e i soci stabili, tutti con quote inferiori allo 0,5% a cominciare dalla fondazione CariFano, arrivano sì e no al 4%. Inoltre, con la trasformazione in spa, lo statuto è stato modificato eliminando il tetto dello 0,5% al diritto di voto. Liberi tutti, dunque, di comprarsi una banca che capitalizza circa 410 milioni: significa che con un impegno nell'ordine dei 60-70 milioni si prende in controllo. Per poi negoziare un'operazione di fusione con un altro gruppo (si è parlato soprattutto dell'interesse della Banca Popolare dell'Emilia Romagna, ma anche dei cugini e rivali della Popolare di Sondrio) da una posizione di maggiore forza. Il tutto avendo dalla propria parte anche una «copertura» governativa: Creval ha seguito con ordine il «diktat» renziano della trasformazione in spa e i rapporti con il governo sarebbero stati rafforzati in questi ultimi mesi, fino alle indiscrezioni di questi giorni.
Non a caso l'artefice interno di un'operazione di questo tipo, cioè il presidente Fiordi, oltre a essere considerato vicino a Renzi - dal lato Comunione e Liberazione - avrebbe come obiettivo quello di essere il prossimo presidente dell'Abi, di cui è già oggi sia nel comitato esecutivo, sia in quello ristretto di presidenza. Il tutto, naturalmente, non prima della scadenza del mandato di Antonio Patuelli, nel 2018.
Micheli, padrone di casa alla cena di mercoledì, potrebbe essere il pivot finanziario del progetto. Ma l'interessato, interpellato in proposito dal Giornale, ha fermamente smentito ogni suo coinvolgimento, non considerando, tra l'altro, le banche un investimento attraente. Non è però da escludere che, vista la cena e vista la convergenza tra la necessità di costruire noccioli azionari per le ex popolari e l'interesse governativo verso le banche, a qualcuno non sia venuta in mente l'idea di proporre la cosa a Micheli.
Forte di una evidente simpatia per l'attuale esecutivo; nonché di un patrimonio personale miliardario, accumulato con diverse operazioni societarie e finanziarie, tra cui la fondazione del gruppo Fastweb. Un modo per sondare il terreno.
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