E sui conti Renzi aprirà la prima crepa con Gentiloni

I sospetti dietro l'aut aut a Padoan sulle tasse: una strategia per andare al voto a giugno

E sui conti Renzi aprirà la prima crepa con Gentiloni

Roma - Di qui ad aprile, quando la correzione dei conti dovrà essere presentata a Bruxelles, le tensioni tra Pd e governo sono destinate ad impennarsi.

Bastava ascoltare ieri il capogruppo renziano Ettore Rosato per capire che il partito di maggioranza ha intenzione di porre una serie di paletti difficilmente aggirabili: «Ascolteremo cosa ci proporrà il ministro Padoan e ne discuteremo con lui. Una cosa è certa: noi, con l'esecutivo Renzi, abbiamo governato 1000 giorni senza alzare le tasse, e su questo non si può tornare indietro: quell'impegno non deve essere smentito». E se questo è un altolà sulle accise, che il ministero dell'Economia aveva ipotizzato di alzare su benzina e sigarette, l'altro altolà riguarda le privatizzazioni, pure evocate da Pier Carlo Padoan: «Per noi - scandisce Rosato - asset come Poste e Ferrovie hanno un valore non solo economico, ma anche sociale. Che va preservato». Il presidente dei deputati dem condisce il tutto con rassicurazioni: «Ovviamente non c'è nessuna polemica con il governo, anzi piena collaborazione», e con secche smentite a chi ipotizza che si possa precipitare verso elezioni anticipate: «Giugno non esiste più, e lo dico io che pure avevo auspicato di votare in quel periodo. Ma ormai abbiamo avviato il congresso e stabilito un'agenda che va rispettata».

Ma su conti (e su leggi come lo ius soli), il movimentismo Pd può mettere sotto pressione il governo Gentiloni, e creare inciampi in Parlamento. E questo proprio mentre la Commissione tende una mano all'esecutivo italiano, col rinvio ad aprile della richiesta di correzione, proprio salvaguardare la stabilità dell'Italia nel disastrato panorama Ue. Ed è da Matteo Orfini, presidente del Pd e «reggente» dopo le dimissioni di Renzi, che ieri mattina erano arrivate parole ancora più nette, e messaggi non proprio rassicuranti per la stabilità della maggioranza: «Non possiamo occuparci solo di congresso, lasciando solo il governo», era la premessa. Il senso: il Pd deve imporre una propria agenda di priorità al governo. A cominciare da «una discussione seria sull'economia», perché le privatizzazioni: «Proporle come soluzione per il debito pubblico è sbagliato». Poi Orfini chiede che venga approvata anche la legge sullo ius soli, «incomprensibilmente bloccata al Senato». E invita il governo ad «aiutarne l'approvazione» mettendo la fiducia. Il presidente del Pd sa bene che una simile richiesta mette immediatamente in fibrillazione la maggioranza, e infatti da Ncd arriva la dura risposta di Maurizio Lupi: «Si guardi allo specchio e se li voti lui certi provvedimenti».

Il sospetto di Ncd è che i renziani stiano tornando ad accelerare verso il voto a giugno. E a rassicurare non bastano le parole di Renzi, che dagli Usa assicura che «il governo sta facendo cose importanti, e io tifo per l'Italia».

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