Roma Tre miliardi al lavoro nero. Il sospetto era già nell'aria. Ora, fatti due conti, arrivano le prime conferme. Il reddito di cittadinanza prossimo venturo finirà in buona parte nelle tasche di chi non lo merita. A rivelarlo è una ricerca della Cgia di Mestre, il cui ufficio studi ha infatti ipotizzato che dei sei miliardi stanziati per il 2019 la metà potrebbe finire nelle tasche di chi un reddito già ce l'ha. Solo che lavorando in nero, risulta nullatenente.
Quindi oltre il danno (dare soldi a chi già ne ha), c'è la beffa di «premiare» chi toglie allo Stato tutte le spettanze fiscali della sua attività. Ovviamente abbiamo usato la parola «ipotizza» perché trattandosi di lavoro nero non è possibile quantificare nel dettaglio. I ricercatori dell'associazione che rappresenta le piccole imprese di Mestre fanno un semplice ragionamento. Partono da un dato: il numero di persone che rientrano nei parametri previsti dall'articolo 1 ai commi 255-258 della Legge di Bilancio. Si tratterebbe di una platea di quattro milioni circa di persone. E, incrociando questo con i dati che studiano con proiezioni verosimili il volume di affari del mercato nero, l'Ufficio studi della Cgia ha immaginato che una buona metà delle persone potrebbe essere attualmente impegnata in lavori non dichiarati.
«A causa dell'assenza di dati omogenei relativi al numero di lavoratori in nero presenti in Italia che si trovano anche in stato di deprivazione, non possiamo dimostrare con assoluto rigore statistico questa tesi. Tuttavia - afferma il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo - vi sono degli elementi che ci fanno temere che buona parte dei percettori del reddito di cittadinanza potrebbe ottenere questo sussidio nonostante svolga un'attività lavorativa in nero, sottraendo illegalmente alle casse dello Stato un'ingente quantità di imposte, tasse e contributi previdenziali».
L'analisi della Cgia di Mestre, spiega Claudia Porchietto di Forza Italia, dimostra che i «provvedimenti voluti dal Governo giallo-verde vanno nella direzione di garantire uno zoccolo duro di votanti. Così facendo si tiene una Italia a due velocità: un Sud assistito e un Nord che deve distrarre risorse e buttarle a fondo perduto per garantire una rendita di posizione elettorale». Accuse che ovviamente il Movimento Cinque Stelle respinge per voce di Nunzia Catalfo, presidente della Commissione Lavoro del Senato. «Si tratta - dice - di una visione miope che non tiene minimamente conto delle misure che, in legge di Bilancio, ma non solo, il Governo e la maggioranza che lo sostiene hanno messo in campo proprio per combattere tutti i possibili abusi».
Vale a dire strumenti come il lavoro di coordinamento tra i soggetti pubblici interessati: Inps, Agenzia delle Entrate, Centri per l'impiego e Ispettorato del lavoro, che nei prossimi tre anni arruolerà ben 900 ispettori del lavoro, chiamati a vigilare sul rispetto delle regole intervenendo nei confronti di chi vuole fare il furbo.
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