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"Ebetino", "Ballista", "Fai schifo" Ma ora Beppe fa la corte a Renzi

Il guru del M5s apre all'intesa con chi insultò in modo feroce

"Ebetino", "Ballista", "Fai schifo" Ma ora Beppe fa la corte a Renzi

In Italia tutto è possibile. In politica ancor di più. La storia recente ce lo ha insegnato. Ma che si aprisse un confronto, e probabilmente un asse, tra Grillo e Renzi sembrava fantascienza. Anzi, per amor di precisione, sembrava un film horror. In questa folle estate, invece, è successo anche questo e all'orizzonte si profila l'incubo di un governo Pd-Cinque Stelle. Gli effetti della poltronite (l'amore viscerale per le comode sedute di Camera e Senato) hanno avvicinato l'inavvicinabile e il post, pubblicato due giorni fa da Grillo sul suo blog, non lascia spazio a interpretazioni: i due stanno flirtando.

Non sappiamo se sarà amore, ma sappiamo con certezza che finora è stato odio. Vi riproponiamo una piccola antologia di insulti recapitati dall'ex comico all'ex premier. Roba delicatissima e di raffinata eleganza, come è nello stile del leader genovese. Nel corso degli anni, tra gli altri, gli ha affibbiato i nomignoli di «ebolino», «ebetino», «Renzie» (dopo che Matteo aveva sfoggiato il giubbotto da Fonzie) e «scrofa ferita». Ma è solo l'inizio dello scambio di gentilezze tra i due. «Siete passati da Lorenzo il Magnifico all'ebetino di Firenze», ammoniva il pubblico durante uno spettacolo nel 2010. Aveva già capito che Renzi avrebbe fatto carriera, era il primo di una lunga lista di sberleffi al limite della diffamazione. «Hanno bussato alla porta e non c'era nessuno. Era Matteo Renzi» attacca Grillo nel 2012 dal palco, ma questi sono solo bufetti. «Pd, partito di lotta e di massoneria» (2014), il riferimento a squadre e compassi è una costante della grammatica grillesca che raggiungerà l'acme durante il caso Consip, quando Renzi gli rispose, per difendere il padre Tiziano, con un pacatissimo: «Grillo fai schifo». Massone e amico dei poteri forti, ovviamente: «Matteo Renzi non dice mai una cosa vicina alla gente comune. Il fu giovane Renzie lo si ricorda per le sue comparsate, in giubbetto di pelle, da Maria De Filippi. È l'uomo delle banche e dei capitali» (2013). Poteva mancare un allusione sessuale nel florilegio di insulti? Ma ovviamente no: «Renzi soffre di invidia penis» (2012). E poi una lunga serie di hashtag che corrispondono ad altrettante battaglie sul web ingaggiate dai grillini: «#RenzieBuffone internazionale» (2014). «#RenzieSparaballe» (2014). «Forte coi deboli, debole coi forti #ebetinodenunciacitutti» (2014). «Renzie, ballista da esportazione #Renziebastaballe» (2015).

Non mancano nemmeno i paragoni con personaggi discussi: «Mussolini ebbe più pudore. Non le chiamò riforme» (2014). «È come Achille Lauro che per diventare sindaco di Napoli regalò ai potenziali elettori una scarpa con la promessa di dare la seconda se fosse stato eletto. Gli 80 euro di Renzie sono peggio. Lui almeno una scarpa prima delle elezioni l'ha data». (2014). «Renzi come Schettino» (2014). «Renzi peggio di Monti» (2015). «Renzi come Lubitz» (il pilota che ha fatto precipitare volontariamente l'aereo della Germanwings nel 2015). Praticamente il male assoluto, che però diventa un male necessario quando non si vuole mollare il governo.

E poi una sequela infinita di insulti e minacce, ve ne riproponiamo una piccola parte:_«Renzi? È falso e ipocrita» (2014), «Renzi è una persona malata. L'ebetino, così come Monti e Letta, vanno analizzati dal punto di vista psichiatrico: hanno la alessitimia, non hanno cioè la capacità di riconoscere le emozioni» (2014), «Renzi pifferaio magico» (2014), «Renzi burattino» (2014), «Renzi voltagabbana» (2014), «Non sei credibile» (2014). «Denunceremo Renzi per abuso di credulità» (2015), «Vuoi i nomi per il Quirinale? Vaffanculo» (2015). «Sei una gaffe esistenziale» (2015), «Ha rottamato solo suo padre» (2017). Una corrispondenza amorosa che si srotola nel corso di sette anni e che ora potrebbe sfociare in una mostruosa convivenza, tutto nel nome del demone dell'antisalvinismo.

E i presupposti sono quelli di un disastro.

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