Un dossier che ipotizza 92 scenari diversi suona tanto come un «tutto e niente» che non è in grado di dare linee guida certe. Abbiamo girato i nostri dubbi a Silvio Garattini, fondatore dell'istituto di ricerca Mario Negri, per affidare a un uomo di scienza l'interpretazione di un testo che, da profani, sembra essere un po' troppo vago.
Garattini, il dossier del comitato scientifico parla anche di 151mila casi in terapia intensiva. Un numero considerato abnorme da molti suoi colleghi. Cosa ne pensa?
«Diciamo che è stato ipotizzato il peggior numero dei peggiori scenari che si potessero ipotizzare. Nello studio è stata presa in considerazione una serie infinita di combinazioni per capire quali potrebbero essere i rischi della ripresa. Aprendo prima certe attività, sono stati calcolati determinati rischi, con l'apertura di altre ne sono stati individuati altri. E si è cercato di tradurre tutto in numeri».
Per poter dare inizio alla fase due servono anche alcune garanzie. Qual è la più importante?
«La misurazione dei casi positivi. Avrebbe dovuto essere la priorità fin dall'inizio. Solo così si può avere la fotografia esatta e quotidiana dei contagi e la base per prendere provvedimenti mirati di città in città, senza per forza coinvolgere tutta Italia».
Eppure questo è sempre stato il punto debole della lotta al virus. In qualche modo il meccanismo si è sempre inceppato.
«Sì, mancavano i reagenti per i tamponi, i test non sono stati fatti a tappeto. Mancavano le mascherine e, anche ora, i test sugli anticorpi non sono ancora del tutto disponibili in ogni parte d'Italia».
Che strumenti vanno usati per la misurazione?
«Test degli anticorpi, la app - molto utile per intervenire rapidamente sui nuovi focolai - e l'analisi giornaliera delle acque delle fognature che ci dicono con chiarezza la carica virale, giorno per giorno, città per città».
Che ruolo avrà la scienza in questa seconda fase?
«Dovrà analizzare i dati ma serve una cabina di regia efficiente perchè si lavori in fretta e con precisione. Ma il ruolo chiave di questo momento è quello degli influencer».
Cioè, sta dicendo che gli scienziati devono passare il testimone agli influencer?
«Esattamente. Finora abbiamo dato tutte le indicazioni sulla sicurezza anti contagio: lavarsi le mani, stare a un metro di distanza, stare a casa, eccetera. Ma, a livello comunicativo, quando una raccomandazione viene lanciata a ripetizione, dopo un po' non viene più ascoltata. Ed è qui che entrano in gioco influencer, artisti, comunicatori. Sta a loro lanciare la moda delle mascherine e far passare il messaggio che chi non rispetta le regole è 'fuori moda'. Ci vuole un cambio di cultura veloce che vada al di là delle sanzioni».
Quindi gli italiani vanno responsabilizzati ma con un linguaggio più leggero?
«Si, serve fare quello che gli Stati Uniti hanno fatto con le sigarette, facendo sentire colpevoli quelli che non rispettavano le regole».
Lei pensa che le persone continueranno a rispettare le regole?
«Temo che
con la bella stagione la gente pensi di avere in tasca una specie di lascia passare e allenti l'attenzione. I numeri dei contagi si alzeranno. Vanno aperte le seconde case per ridurre la concentrazione di persone in città».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.