Coronavirus

Ecco le 10 grandi sfide per la cucina della "nuova normalità"

Distanze, ambiente, tecnologia, menu, conto Sono le vere poste in gioco per chef e clienti

Ecco le 10 grandi sfide per la cucina della "nuova normalità"

S i riparte. O meglio si riapre. Che non è la stessa cosa. Il mondo della ristorazione è fragile, spaventato, in crisi di identità. Sul suo destino prossimo e futuro si sono interrogati in tanti, anche noi abbiamo dato spazio a qualche intervento. Ora è il momento di riassumere le 10 principali sfide della ristorazione nella nuova normalità. Che poi normale non è.

Distanze. È il concetto su cui tutti si stanno concentrando (ma occhio: senza assembramenti). L'area di 4 metri per cliente (da 1,2 che era) contenuta nelle linee guida dell'Inail diminuisce drammaticamente il numero dei coperti. Un ristorante con una sala di 80 metri quadri potrà sfamare al massimo 20 clienti sai 60-70 di prima.

Ambiente. Chi avrà voglia di frequentare un locale presumibilmente più asettico, meno gioioso, con camerieri in guanti e mascherina, in qualche caso con divisori in plexiglas, dove ogni movimento dovrà essere cauto e seguire itinerari precisi come in aeroporto, dove perfino andare in bagno diventerà un'impresa? Davvero qualcuno vorrà pagare per sottoporsi a tutto questo? Confessiamo che siamo davvero curiosi di sapere come andrà. Perché l'italico talento per l'adattamento potrebbe sorprenderci trovando inediti piaceri anche in questa nuova forma di convivialità con la condizionale.

Prenotazione. Diventerà quasi obbligatoria per gestire un flusso di clienti. Dimentichiamoci il cameriere che ci chiede di pazientare cinque minuti o ci propone di arrangiarci in un tavolino scomodo d'angolo. Dimentichiamoci l'improvvisata, la voglia di una pizza alle undici di sera, la scelta all'ultimo. Mangiare fuori sarà un atto di premeditazione.

Empatia. Andare a mangiar fuori è sempre stato un gesto sociale. I posti che amiamo di più non sempre sono quelli in cui lo chef è più bravi ma quelli in cui ci sentiamo di casa, in cui il personale di sala è simpatico e conciliante, in cui si crea un feeling con il resto del locale. Il successo di un locale come Trippa a Milano si spiega soprattutto con il clima da circolo di bucanieri che si crea in certe serate. Se i clienti saranno monadi distanziate verrà sarà tutto molto diverso.

Conto. È un circolo vizioso. Da un lato si pensa che un'esperienza con molte più limitazioni avrà un valore, e di conseguenza anche un prezzo, inferiore. Dall'altro i ristoratori, oltre al numero di coperti, non possono ridurre anche il conto. Diciamo che il cliente dovrà essere disposto a sborsare le stesse cifre di prima in cambio di un percorso più accidentato come forma di solidarietà nei confronti di una categoria pesantemente penalizzata. Funzionerà?

Menu. Anche qui dovremo dimenticarci il supporto cartaceo, e non sempre sarà un male visto che a volte si trattava di foglietti sciatti e con macchie di unto del 1997. Ci dovremo abituare a lavagne, palmari o a ordinare il menu già all'atto della prenotazione online. In qualche caso potrebbe tornare in voga il menu alla voce come nelle trattorie anni Cinquanta. E potrebbe perfino essere divertente.

Piatti. È un tema su cui tutti più o meno sono d'accordo. La proposta, anche nei locali di haute cuisine, dovrà essere semplificata, il numero di piatti diminuiti, la preferenza data ai menu degustazione o a formule fisse che consentono una programmazione della fornitura e una più efficiente filiera della preparazione. Questo potrebbe svilire la creatività dei «cuochi artificiali» ma anche stimolare nuove idee e avvicinare la cucina di ricerca al pubblico comune.

Format. A medio-lungo termine, se davvero dovremo convivere diversi mesi (o addirittura un anno) con il virus potrebbero nascere nuove modalità di proposta ora inimmaginabili che si adattino maggiormente ai nuovi ostacoli. Finora a dettare le nuove tendenze sono state le mode alcune delle quali finiranno in soffitta (pensiamo al bancone, al buffet, al brunch, alla bistronomie) ma certamente ne emergeranno di nuove.

Tecnologia. Diventerà fondamentale. Le app di prenotazione da commodity diventeranno obbligatorie e potrebbero garantirci la scelta del posto, oppure dirci in tempo reale l'occupancy di un locale, dirci il tempo di attesa, consentirci di ordinare in anticipo i piatti e anche di pagare per ridurre le incombenze «analogiche». E anche all'interno dei locali molti passaggi saranno tecnologizzati per ridurre le interazioni. Gli smanettoni si divertiranno, i naïf forse preferiranno stare a casa.

Innovazione. Dopo un primo momento di sbandamento all'inizio del lockdown, gli chef hanno mostrato una discreta capacità di reazione, adattandosi al delivery anche a costo di semplificare la proposta, inviando a casa ingredienti e istruzioni per utilizzarli, postando ricette on line, vendendo dinner bond (ovvero cene in anticipo). Crediamo che continueranno a farlo trasformando una crisi in opportunità. E magari da questa sfida nascerà la cucina italiana del futuro.

Sostenibilità. Sarà un tema sempre più fatidico. Sostenibilità economica, perché molti ristoranti rischieranno di non farcela e dovranno affrontare spese nuove a fronte di minori incassi, ma anche sostenibilità ambientale, con nuovi rifiuti anche pericolodi da smaltire.

E sostenibilità etica, che potrebbe dare nuovi valori a scelte fatidiche come sempre accade quando un qualcosa di scontato diventa improvvisamente una conquista.

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