Ecco le carte a confronto che smontano Speranza & Co

Qualcosa non torna nella difesa del ministero. Tra pochi giorni l'udienza di fronte ai giudici sul mistero "piano segreto"

Ecco le carte a confronto che smontano Speranza & Co

Qualcosa non torna. O non è così chiaro. Certo saranno solo i giudici del Tar del Lazio a dire chi ha ragione e chi torto. Ma l'analisi della memoria difensiva depositata dall'avvocatura dello Stato per conto del ministero della Salute qualche domanda la fa porre. Il 22 dicembre ci sarà l'udienza del ricorso presentato da due deputati FdI che chiedono alle toghe amministrative di obbligare il dicastero guidato da Roberto Speranza a pubblicare il "piano segreto" anti-Covid. L'attesa è tanta. Il ministero non intende cedere. E lo ha fatto capire. Così si preannuncia una battaglia legale che merita un approfondimento.

La linea difensiva dettata dall'avvocatura generale dello Stato si delinea, in sintesi, lungo tre direttive. Primo: il ministero sostiene che il "piano secretato" citato dal suo direttore generale Andrea Urbani in un'intervista al Corriere era solo lo studio realizzato da Stefano Merler della Fondazione Kessler. Secondo: l'analisi di Merler "non è un piano pandemico approvato dal ministero della salute, né un atto elaborato da una p.a., né (...) è detenuto dal ministero". Terzo: l'analisi viene presentata da Merler "per la prima volta il 12 febbraio 2020" ai membri del Cts e solo "in tale occasione" anche il ministero ne viene "a conoscenza". Per questi motivi - sostiene l'avvocatura - i ricorrenti non si sarebbero dovuti rivolgere in viale Lungotevere Ripa 1, che non "detiene" il documento, ma alla Protezione Civile. Come dire: avete sbagliato indirizzo, bussare a Palazzo Chigi.

Torniamo allora al 21 aprile. Quel giorno il Corriere pubblica l'intervista ad Urbani in cui emerge l'esistenza di un "piano secretato" che sarebbe stato "seguito" dagli esperti per gestire la prima fase dell'epidemia. Nessun "vuoto decisionale", insomma. Poche ore dopo, visto il vespaio di polemiche che ne nasce (le Regioni protestano perché non ne sapevano nulla), il ministero della Salute pubblica sul suo sito istituzionale un comunicato stampa che nelle intenzioni avrebbe dovuto spegnere ogni bollore. Nel testo si legge che "durante i lavori della task force sul nuovo coronavirus, istituita al Ministero della Salute il 22 gennaio" era "emersa la necessità di elaborare, a cura della Direzione Programmazione del Ministero della Salute, dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’INMI Spallanzani, uno studio sui possibili scenari dell’epidemia e dell’impatto sul Sistema sanitario nazionale, identificando una serie di eventuali azioni da attivare in relazione allo sviluppo degli scenari epidemici, al fine di contenerne gli effetti". La "prima versione di questa analisi", si legge, il 12 febbraio viene "presentata al Comitato tecnico scientifico per il necessario approfondimento", per poi essere successivamente aggiornata fino al 4 marzo.

Ora mettiamo a confronto le due versioni. Nella difesa al Tar l'avvocatura sostiene che lo studio di Merler venne presentato dal ricercatore al Cts il 12 febbraio, e che solo in quella occasione il ministero ne sarebbe venuto a conoscenza. Bene. Anche nella nota di aprile si cita la data del 12 febbraio, ma in modo diverso: in quella riunione - si legge - il trio "ministero-ISS-Spallanzani" avrebbe presentato al Cts "la prima versione" della analisi, la cui necessità era emersa già nei giorni precedenti in seno alla task force. Ed è qui che sorgono alcuni dilemmi. Lo studio citato nella nota di aprile e lo studio di Merler sono la stessa cosa? Se è così, allora appare impossibile immaginare - come invece scritto dall'avvocatura - che il ministero non ne sapesse nulla prima del 12 febbraio e che non l'abbia mai visto né approvato. Le due dichiarazioni (la memoria difensiva e la nota di aprile) sembrano insomma in contraddizione.

Se invece non sono lo stesso documento, le opzioni sono due: o esiste un terzo dossier misterioso, prodotto da Iss, ministero e Spallanzani, presentato al Cts il 12 febbraio e - come scritto nella nota - aggiornato fino al 4 marzo. Oppure quell'atto nato dalla task force è il famoso "Piano operativo di preparazione e risposta a diversi scenari di possibile sviluppo di un’epidemia da 2019-nCov” poi approvato dal Comitato. Guarda caso i verbali del Cts dicono proprio che il 12 febbraio Merler presentò i sui studi epidemiologici, subito dopo il Cts diede mandato a un gruppo (formato da Iss, ministero e Spallanzani) di produrre un "piano operativo" che venne approvato il 2 marzo e di nuovo aggiornato il 4 marzo. Stesse date della nota di aprile. E se lo "studio" citato nel comunicato fosse in realtà il "piano" approvato dal Cts? Allora la memoria difensiva depositata al Tar peccherebbe di imprecisione: l'avvocatura infatti scrive chiaramente che quanto citato da Urbani è solo lo studio Merler e che non esiste nessun altro "piano".

Dove sta la verità? L'unica cosa certa, come ricostruito nel Libro nero del coronavirus (leggi qui), è che un "Piano" esiste eccome. Lo dicono i verbali del Cts e le rivelazioni esclusive riportate dal Giornale.it. Non solo. Speranza quel "piano" lo vide in bozza già il 20 febbraio, quando due esperti andarono lì a presentarglielo con tanto di slide.

Ora non resta che sapere chiaramente quale è stato il ruolo del ministero e leggere liberamente i contenuti dell'atto per farsi un'idea. Magari dentro non c'è niente di scandaloso. Ma allora perché non pubblicarlo e diradare la nebbia che avvolge questo mistero?

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