Elezioni Politiche 2018

Ecco chi finanzia la costosa campagna della Bonino

Vanta supporter danarosi, ma ancora non si sa quanto hanno versato. L'ombra di Soros

Ecco chi finanzia la costosa campagna della Bonino

Paginate comprate sui quotidiani nazionali, megaschermi nelle stazioni ferroviarie, pubblicità su internet, cartelloni sui bus pubblici, incontri in giro per la penisola. Una campagna impegnativa per +Europa, il neonato movimento politico di Emma Bonino, anche economicamente. Appunto, ma chi paga? La lista è stata creata alla fine del 2017, quindi poco prima del voto, e solo grazie all'unione con il Centro democratico di Bruno Tabacci è riuscita ad aggirare il problema della raccolta firme e presentarsi alle urne. Non ha quindi mai avuto accesso a quel che resta del finanziamento pubblico ai partiti, e neppure al 2 per mille della dichiarazione dei redditi dell'anno scorso. Il tesoriere del movimento Silvia Manzi spiega che la quota maggiore del finanziamento della Bonino arriva da donazioni di privati, «sia contributi ricevuti durante gli eventi sia da imprenditori, italiani e anche estero, soprattutto dall'Europa». Quali siano i nomi degli imprenditori che hanno finanziato la Bonino non si sa, e neppure le cifre, perché il movimento preferisce aspettare a renderle pubbliche: «Faremo un rendiconto, come tutti i partiti, e lì ci saranno tutte le informazioni» spiega la tesoriera di +Europa. Anche la stessa Bonino, interpellata su questo da Giannino e Telese a Mattino24, risponde «calmi tutti, per legge noi dobbiamo come tutti produrre entrate ed uscite dopo le elezioni. Quindi calmi tutti, ci sarà tutto, calmi».

Oltre alle donazioni, c'è poi il contributo di Tabacci, candidato nelle liste della Bonino malgrado la distanza (su certi temi, abissale) che divide l'ex democristiano dall'abortista Bonino. Il Centro democratico ha incassato nel 2017 circa 181mila euro dal 2 per mille, usati da +Europa per la campagna elettorale. Poi, spiegano dal movimento, ci sono i contributi dei parlamentari ed ex parlamentari radicali, e dei candidati, anche attraverso la formula del prestito condizionato. Anche qui, numeri non ne danno. Ma è chiaro che senza delle donazioni importanti da privati munifici, non si può fare una campagna quella che sta facendo la Bonino. E quindi chi sono gli sponsor? La Bonino ha l'appoggio di quello che Pannella, scontrandosi con lei, chiamava il «jet set internazionale» («Emma non è più una militante radicale, per lei il problema è di continuare a fare parte del jet set internazionale» si infuriò Pannella nel 2015). La tesoriera assicura che non ci siano «contributi diretti» da parte di Geroge Soros, il miliardario americano a capo della Open Society Foundations, di cui proprio la Bonino è membro del global board. Soros è un sostenitore della necessità dell'immigrazione in Europa, tema che la Bonino porta avanti con forza, e ha già finanziato le battaglie della leader radicale, come quella per cambiare le norme sull'immigrazione («Io ero straniero. L'umanità che fa bene») finanziata da Soros con 200mila euro. Poi c'è il bel mondo dei sostenitori ufficiali della lista, da Franco Bernabé (Gruppo Telecom Italia) gli imprenditori della moda Anna Fendi, Angela Missoni, Santo Versace, poi Ivan Lo Bello (Unioncamere) e infine una lunga schiera di attori, giornalisti e scrittori ex Pd.

Un «fan club» di alto livello, per la percentuale nelle urne si vedrà.

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