
Dopo settimane di retorica sull'alto valore morale della Global Flotilla e sulla sua importanza umanitaria, è caduta la maschera svelando le reali finalità della missione: tutt'altro che umanitari, gli intenti sono chiaramente politici, se non addirittura strategici. Il vero volto dell'iniziativa è emerso dopo il rifiuto alla proposta del governo italiano di lasciare gli aiuti a Cipro per farli arrivare a Gaza con l'aiuto della Chiesa cattolica suggellato dal Quirinale. Il no al presidente della Repubblica ha aperto gli occhi anche a tanti cittadini che avevano appoggiato in buona fede la causa della Flotilla rendendosi conto che la reale finalità non era dare un segnale all'opinione pubblica occidentale e fare arrivare gli aiuti a Gaza. Se fosse stato così, la Flotilla avrebbe accettato la proposta del governo anche perché se ne sta parlando da giorni con una grande visibilità alla causa.
A condurre le trattative con le istituzioni c'è Maria Elena Delia, la portavoce italiana della Flotilla, che a giugno avrebbe condiviso un post che esprimeva "sconfinata ammirazione" per i "combattenti della Resistenza" (ovvero Hamas) protagonisti di azioni contro l'esercito israeliano.
E a svelare il vero scopo della Global Flotilla, inconsapevolmente, è il fotoreporter Niccolò Celesti, uno dei membri dell'equipaggio che ha deciso di lasciare la missione: "Non ero più allineato alle idee del comitato direttivo, si erano create troppe divergenze. Non sono l'unico ad essere uscito, molti la pensano come me e sono venuti via". Celesti al Corriere ha detto che "prima di partire, durante i training a Catania, ci era stato chiaramente detto che l'obiettivo non era quello di entrare nelle acque territoriali di Gaza, che sarebbero palestinesi anche se sono controllate da Israele. Sono state divergenze ma con lo stesso obiettivo finale, aiutare il popolo palestinese".
Ad essere sceso dalle navi, con un'altra decina di italiani, è stato anche il giornalista padovano Ivan "Grozny" Compasso secondo cui insistere significa assumersi "una responsabilità enorme, non siamo professionisti della guerra, e la guerra ci fa schifo".
Sempre Celesti spiega che "a noi avevano detto che l'obiettivo era smuovere le coscienze del mondo attraverso questa sorta di azione provocatoria e restare in acque internazionali ma - continua Celesti - la linea rossa era di non entrare nelle acque controllate da Israele". Una linea rossa che invece si vuole superare e che, con tutta probabilità, era già il vero obiettivo dei promotori.
Alla luce di quanto sta accadendo torna il quesito posto all'inizio dell'iniziativa: chi c'è davvero dietro la Flotilla? Chi finanzia una flotta che vuole forzare il blocco navale di Israele con un gesto che può diventare un atto di guerra? Impossibile non pensare ai legami di alcuni suoi esponenti con la rete di ong islamiste collegate. E vista situazione è ancor più grave e sconcertante la presenza di parlamentari italiani dell'opposizione a bordo delle imbarcazioni che continuano a ignorare l'appello del Presidente della Repubblica.