Ecco i cinque stati "ballerini" che sceglieranno il presidente

Florida, Pennsylvania, Ohio, Colorado e Wisconsin Un totale di 86 delegati decisivi e tutti da assegnare

Ecco i cinque stati "ballerini" che sceglieranno il presidente

New York - Ancora una volta per raggiungere il numero magico dei 270 grandi elettori, che consegnerà a uno dei candidati le chiavi della Casa Bianca, è fondamentale il verdetto delle urne nei cosiddetti «swing states», gli stati indecisi, che per un motivo o per un altro risulteranno anche questa volta determinanti nella battaglia infuocata tra Hillary Clinton e Donald Trump. I più importanti sono Florida, Pennsylvania, Ohio, Wisconsin e Colorado: cinque stati, cinque realtà con anime politiche ed economiche molto diverse, che il prossimo martedì saranno decisivi nel designare il 45esimo presidente degli Stati Uniti. Secondo la media dei sondaggi di RealClearPolitics, sul fronte dei grandi elettori (in totale 538) la candidata democratica ne avrebbe ora 263, mentre il rivale repubblicano è fermo a quota 164. In gioco ci sono quindi 111 grandi elettori, tutti nei cosiddetti battleground states.

Florida. Il Sunshine State, con i suoi 29 grandi elettori, è lo «swing state» per eccellenza, molto spesso ago della bilancia per la conquista della vittoria finale. Caso storico è quello del 2000, quando l'ex vicepresidente e candidato democratico Al Gore perse la Casa Bianca proprio in Florida per soli 537 voti contro George W. Bush. Il New York Times a meno di una settimana dal voto dà qui in vantaggio il tycoon per quattro punti sulla rivale (46 per cento contro 42).

Ohio. È uno stato tendenzialmente democratico dove negli ultimi anni gli elettori hanno scelto un governatore repubblicano, dimostrando l'intima tendenza ad andare verso destra per quanto riguarda la politica sul territorio. In queste elezioni la retorica di Trump ha trovato terreno fertile soprattutto tra le tute blu dell'industria pesante, colpita da una crisi che viene imputata alle politiche favorevoli ai grandi trattati commerciali sostenuti dall'amministrazione Obama. In palio in Ohio ci sono 18 voti, e numerosi sondaggi danno i due candidati testa a testa: secondo la media delle rilevazioni di RealClearPolitics Trump è in vantaggio sulla Clinton con il 2,5 per cento (46,8 contro 44,3). Nelle ultime dieci presidenziali democratici e repubblicani hanno vinto cinque volte ciascuna, e chi ha conquistato l'Ohio è diventato Commander in Chief.

Wisconsin. Anche in questo caso si tratta di uno stato tendenzialmente democratico (che mette in palio 10 grandi elettori), ma con un governatore repubblicano. Dal 1976 è sempre stato conquistato dall'Asinello fatta eccezione per Ronald Regan, che lo vinse due volte. La media dei sondaggi di Politico dà in vantaggio la Clinton con il 5 per cento ma non sono escluse sorprese.

Pennsylvania. Stato della «Rust Belt», l'industria pesante Usa piegata dalla delocalizzazione di imprese e produzione, dove convivono due anime in profondo contrasto. La Pennsylvania, che assicura 20 grandi elettori, è infatti divisa tra le grandi città, come Pittsburgh e Philadelphia, che votano democratico. Ma nelle ampie zone decentrate, le più indebolite dalla decadenza del manifatturiero, tute blu, classe media e persino alcuni ricchi ripongono in Trump le speranze di rinascita. Hillary secondo la media dei sondaggi di RealClearPolitics è a +6 per cento in una gara a quattro, e nelle ultime sei elezioni si sono affermati i candidati dem, ma la maggioranza silenziosa del tycoon potrebbe portarla al crossover, ossia a passare dall'altra parte.

Colorado. Mette in palio 9 voti: qui Barack Obama ha vinto nel 2008 e nel 2012, ma nelle tre precedenti elezioni a conquistarlo sono stati i candidati del Grand Old Party (incluso quando nel 1996 Bob Dole sconfisse Bill Clinton).

Anche il Colorado è spaccato: nelle città più ricche i Paperoni scelgono l'ex first lady, ma la classe media - quella penalizzata dalla chiusura delle attività minerarie e dalle piccole imprese delocalizzate - è delusa dalle politiche di Obama e vede in Trump il candidato capace di dar voce alle esigenze dei lavoratori. I numeri lo confermano: l'ex segretario di stato secondo la media di RealClearPolitics è avanti di 4 punti percentuali (44 contro 40), ma il suo vantaggio si è molto ridotto rispetto a qualche settimana fa.

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