C'è il Piemonte in testa alla classifica delle regioni con più vini premiati dalle quattro grandi guide enologiche italiane. Ma non c'è nemmeno un vino piemontese tra i magnifici sette che ottengono il massimo punteggio in tutti e quattro volumi.
Un piccolo paradosso ma spiegabilissimo (lo faremo in fondo) quello che emerge da un lavoro certosino fatto da chi scrive una volta avute in mano le quattro bibbie degli enoappassionati: Vini d'Italia 2017 del Gambero Rosso (euro 30), I Vini d'Italia 2017 dell'Espresso (euro 18), I Vini di Veronelli 2017 (euro 32) e l'ultima nata Vitae 2017 dell'Associazione Italiana Sommelier (euro 35), presentata sabato scorso a Milano. Ognuna segue criteri diversi, ma ciascuna alla fine stila una hall of fame di etichette imperdibili. Il Gambero Rosso ha scelto 429 vini con «tre bicchieri», il massimo punteggio (in testa la Toscana con 80, poi il Piemonte con 75, il Veneto con 38, Alto Adige con 27). L'Espresso ha scelto 300 vini divisi in tre categorie: 100 da bere subito, 100 da conservare e 100 da acquistare per il rapporto qualità-prezzo: i due curatori Andrea Grignaffini e Antonio Paolini sono quelli che hanno fatto le scelte più insolite, ma anche in questo caso in testa ci sono Piemonte (40 vini in tutto) e Toscana (39), davanti a Veneto (27) e a sorpresa le Marche con 22. La guida Vitae dell'Ais è la più generosa con ben 515 etichette insignite delle «quattro viti»: spicca il Piemonte con 106, davanti a Toscana (79), Veneto (41) e Friuli-Venezia Giulia (40). Infine la guida che si rifà agli insegnamenti del grande maestro Luigi Veronelli attribuisce 346 «super 3 stelle», delle quali 94 alla Toscana, 76 al Piemonte, 36 al Veneto e 24 alla Sicilia. Colpisce il fatto che mentre le prime tre posizioni sono in tutte e quattro le guide occupate dalle stesse tre regioni, la quarta posizione sia differente in tutti i volumi.
Solo sette vini ottengono il punteggio più alto in tutte e quattro le guide: sono cinque rossi, dei quali tre toscani e tutti e tre «bolgheresi»: il «chiantigiano» Tignanello dei Marchesi Antinori, e i «bolgheresi» Sassicaia della Tenuta San Guido e Paleo Rosso delle Macchiole. Tre vini molto diversi anche per la composizione (il Tignanello è un 80 per cento di Sangiovese con saldi di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, il Sassicaia è un 85 per cento Cabernet Sauvignon e 15 per cento Cabernet Franc e il paleo Rosso un Cabernet Franc in purezza) ma accomunati da un'eleganza impareggiabile (e da un prezzo superiore ai 60 euro). Gli altri due rossi sono un Amarone della Valpolicella Classico, il grandissimo Monte Sant'Urbano edizione 2012 della Fratelli Speri, che potreste acquistare ora (ci vogliono circa tre banconote da 20) e dimenticare in cantina (ma crediamo che la memoria vi tornerà molto presto). E un vino del nostro cuore, il San Leonardo 2011 prodotto nella Vallagarina, in Trentino, dai marchesi Guerrieri Gonzaga e che ogni anno immancabilmente ci conquista. Il prezzo? circa 50 euro.
Ma la vera notizia è che un posto tra gli intoccabili lo conquistano anche un bianco e una bollicina. Tra i bianchi ha conquistato tutti i curatori un altro classico contemporaneo, il Gewürztraminer Nussbaumer 2014 della cantina sociale Tramin, nel paese che dà il nome al vitigno che ha fatto la gloria enologica dell'Alsazia. E questo vino, pur grandissimo, è il più accessibile in termini di prezzo superando solo di poco i 20 euro. Infine le grandi bolle con la Riserva del Fondatore Giulio Ferrari 2005 di Ferrari. Roba da far dimenticare molti Champagne (si può dire?). Prezzo sui 70.
E il Piemonte? E sua maestà il Barolo? Vittime della troppa ricchezza delle Langhe, che producono tali a tante etichette monstre che ogni guida ne sceglie tante e tutte differenti.
Così mentre il grande vino a base Nebbiolo è quello di gran lunga con più referenze nel Gotha (solo Veronelli ne indica 60 al top) nessuna etichetta è indicata da tutti. Ma solo perché nel giardino dell'Eden è difficile scegliere la mela, ehm, il grappolo perfetto.
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