Natura non fecit saltus, la storia sì. Così questa storia dovrebbe partire addirittura da quando Marco Pannella, l'«irregolare» Marco che le regole le venerava, chiese d'iscriversi al Psi di Craxi a cavallo del Capodanno '81-82. Segnale di fraterna condivisione con l'antico sodale dell'Unione goliardica. Il 12 febbraio '91 Marco ci riprovò con l'appena nato Pds di Occhetto: più che provocazione, importante apertura di credito. Nel luglio 2007, nato il Pd, Pannella chiese di partecipare alle primarie per il segretario. Panico: gli comunicarono un viagliacchissimo «no». Il 20 ottobre '14 Marco avanzò ancora la richiesta d'iscrizione al Pd: ancora una volta, si trincerarono dietro le proprie vergogne. Se l'intelligenza pannelliana avrebbe fatto miracoli nel morente partito renziano, è altrettanto certo che l'ipocrita compagnia non avrebbe potuto sopportarlo.
Nessuno può sapere se oggi siamo di fronte a una storia che si ricompone recuperando il senso di una trama, oppure se tutto accade a caso. Eppure, mentre il Pd annaspa nei sondaggi e contro Renzi girano persino raccolte di firme dei militanti (su Facebook è nata la pagina «Caro Matteo sei un disastro»), Emma Bonino accarezza un sogno assai maggiore del 3% che ormai - almeno media e Palazzo - le assegnano d'onore. Sogno che potrebbe definirsi pannellizzazione del Pd, se la Bonino non rappresentasse solo se stessa e non si fosse presentata contravvenendo proprio alle regole del Partito radicale dei fedelissimi di Marco. Sarà allora pur sempre una bonizzazione del Pd che sta annegando e che vede come uno spauracchio la nascita di un gruppo parlamentare di 20 o 30 o chissà quanti, guidato da Emma. Gruppo di cui già si percepiscono le ruvide differenziazioni dal Pd, in materia economica come sui migranti. La rispostaccia della Bonino dell'altro giorno fa capire l'aria che tira: «Quel che pensa Renzi non è la priorità delle mie preoccupazioni». Per di più ieri Riccardo Magi ha rilanciato l'eutanasia legale e sarà un bel vedere, per via del socio elettorale Tabacci (vetero-dc) e dei bigottissimi pidini che tremano solo al pensiero.
C'è dell'altro, però, ed è la cosa che più inquieta Renzi: il favore ormai sperticato, anzi imbarazzante, con il quale l'Unione di Bruxelles vede la lista che ne porta il nome e che nei fatti - non nelle chiacchiere - sembra trasposizione macroniana al di qua delle Alpi. Ispiratissimo era ieri l'endorsement di Le Monde: «Se l'Europa fosse una persona si chiamerebbe Emma Bonino, questa italiana di 69 anni, appassionata di libertà, di democrazia e di giustizia...». Clamoroso viatico, agevolato da simpatie importanti (da Napolitano a Calenda, da Merkel a Gentiloni), preludio di poltrone certe nell'intricato post-voto.
Non si esclude Palazzo Chigi, considerato che il programma economico presentato dalla Bonino sembra copiato da un pizzino del vecchio (ora deposto) ministro Schauble. Proprio mentre la fiducia Ue nel povero Renzi precipita, manco fosse la liretta del '92...
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