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Ecco i sei referendum per riformare la giustizia. Caccia a 500mila firme

Lega e Radicali in Cassazione depositano i quesiti. Consultazione tra aprile e giugno

Ecco i sei referendum per riformare la giustizia. Caccia a 500mila firme

Sulla scalinata del Palazzaccio uno striscione annuncia: «Referendum Giustizia». Lo espongono i promotori di Lega e Radicali, prima di entrare in Cassazione per depositare i sei quesiti. È il primo atto di una campagna che Matteo Salvini e gli altri aprono per pungolare governo e Parlamento su alcuni dei temi più delicati di questi anni.

Il secondo è la raccolta i primi di luglio delle firme necessarie per il via libera ai referendum: per la Costituzione ne servono almeno 500mila, il Capitano punta al doppio. Terzo atto, prima del 30 settembre, il deposito delle firme raccolte all'ufficio centrale per i referendum della Cassazione, che dovrà vagliare la validità e il numero delle sottoscrizioni. Se dal Palazzaccio ci sarà il via libera, la parola passerà alla Consulta, per l'esame della legittimità costituzionale dei quesiti. E se sarà superato anche questo, il quinto e ultimo atto sarà la convocazione alle urne, in genere in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno (salvo rinvii per eventuale scioglimento delle Camere).

In Cassazione, accompagnano Salvini, Giulia Bongiorno, Jacopo Morrone e il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, per i Radicali ci sono il segretario Maurizio Turco, Irene Testa e l'avvocato Giuseppe Rossodivita.

Vediamo i sei quesiti. Il numero 1 riguarda le elezioni del Csm e lo strapotere delle correnti, clamorosamente documentato dal «caso Palamara». Secondo i promotori, per sradicare questo sistema bisogna cambiare le regole di accesso dei magistrati a Palazzo de' Marescialli. Oggi chi vuole candidarsi deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme e per questo ottenere l'appoggio di una corrente. Il quesito referendario vuole abrogare il vincolo delle firme.

Il numero 2 è sulla responsabilità diretta dei magistrati, perché al grande potere della magistratura corrisponda l'obbligo di rendere conto di decisioni sbagliate. Il quesito vuole permettere al cittadino leso dalla condotta del magistrato di chiamarlo in giudizio direttamente.

Quesito numero 3: equa valutazione dei magistrati. Nel Consiglio direttivo della Cassazione e nei Consigli giudiziari, dove si valuta la professionalità delle toghe, non siedono oggi avvocati e professori universitari, i «laici» al Csm, mentre il referendum li farebbe partecipare.

Numero 4: la battaglia storica del centrodestra per la separazione delle carriere tra giudici e pm. Sarebbe la fine di un'unica categoria, con l'obbligo di scelta della funzione giudicante o requirente all'inizio della carriera, senza che si possa più passare dall'una all'altra. L'intenzione è rompere lo spirito corporativo tra le due figure.

Il quesito 5 riguarda i limiti alla custodia cautelare, per evitare che il carcere preventivo si trasformi in anticipazione della pena, violando il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza.

L'ultimo punto è l'abolizione del decreto Severino, che ha portato ad esempio alla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Prevede, infatti, in caso di condanna per alcuni reati, l'automatica sanzione accessoria dell'incandidabilità a parlamentare, consigliere e governatore regionale, sindaco e amministratore locale. Il quesito vuole abolire l'automatismo lasciando al giudice la decisione, caso per caso.

Forza Italia, invece, presenta emendamenti al ddl sull'ordinamento giudiziario per il sorteggio al Csm, lo stop al rientro di magistrati-politici e la separazione delle carriere.

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