È la stampa eminenza, e tu non puoi fermarla. Oggi Gianluigi Nuzzi, in versione Humphrey Bogart (lui diceva: È la stampa bellezza... ma il senso resta lo stesso), non si troverà davanti alle rotative dell'Osservatore Romano, ma davanti al tribunale vaticano che accusa l'autore del libro Via Crucis (idem per Emiliano Fittipaldi e il suo Avarizia) di «concorso nella divulgazione di notizie e documenti riservati» (art. 116 bis del codice penale vaticano). Traduzione: i giudici della Santa Sede potrebbero condannare (pena prevista, da 4 a 8 anni) i due giornalisti, «rei» solo di aver compiuto il loro - in questo caso è proprio il caso di dirlo - sacrosanto dovere di cronisti. Del resto, sull'interesse pubblico delle notizie (tutte non smentire e non smentibili) riportate nei volumi di Nuzzi e Fittipaldi, non ci sono dubbi; mettere a conoscenza del mondo sprechi e scandali finanziari d'Oltretevere, non è stata quindi solo un'operazione legittima, ma anche meritoria. Ma quella che per un giornalista rappresenterebbe una medaglia in tutti (o quasi) gli Stati del mondo, all'interno delle Mura Leonine equivale invece a una «macchia infamante».
Gianluigi Nuzzi, oggi sei pronto a «pentirti»?
«A pentirsi devono essere tutti quelli che hanno usato i soldi dei poveri per vivere in attici lussuosi e fare la bella vita. Tradendo i precetti di Papa Francesco e di tutti i fedeli che credono in una Chiesa al servizio dei bisognosi».
Confessa. L'udienza di oggi davanti al tribunale vaticano ti fa paura.
«Macché paura. Sono sereno. Mi presenterò col mio libro Via Crucis in mano. Per ribadire dalla A alla Z tutte le verità (e sottolineo verità) che ho scritto».
Neanche un po' di tensione, di nervosismo?
«Sono tranquillissimo. In questo momento sono davanti a un'edicola, sto comprando due giornali di cucina».
Di «cucina»? Dopo Vatileaks, stai mica pensando a MasterChefleaks?
«No le riviste di cucina sono per mio figlio. Deve fare un collage fotografico a scuola».
Al primo interrogatorio in Vaticano avevi deciso di non presentarti. Perché ora, per il processo, hai cambiato linea?
«Perché in aula spero di denunciare l'assurdità di un sistema giudiziario oscurantista che non riconosce la possibilità di manifestare liberamente il pensiero come sancito dall'art.21 della nostra Costituzione».
In Vaticano chi fa cronaca è punibile. Com'è possibile che i nostri colleghi vaticanisti lavorino con questo cappio al collo?
«Non lo so perché io non ho mai fatto il vaticanista. Mi sono limitato a fare il cronista, raccogliendo notizie, verificandole e pubblicandole».
Però hai avuto parole durissime contro certi vaticanisti che, invece di fare i giornalisti, fanno i passacarte - anzi, i passaveline - del Vaticano.
«Confermo».
Forse anche per questo hai ricevuto in alcuni ambienti più critiche che consensi. I «rosiconi» sono tantissimi...
«Piccinerie e invidie professionali non mi toccano. L'Ordine dei giornalisti è rimasto muto. In compenso importanti editorialisti hanno difeso la bontà del mio operato».
Ma tu credi in Dio?
«Sì, sono battezzato. Cattolico, non molto praticante...».
Sui social sei molto attivo. A volte usi toni da santone, tipo Beppe Grillo. Non hai l'impressione, a volte, di andare un po' sopra le righe?
«Non mi pare. Non ho nulla a che spartire con Grillo. E non scenderei mai in politica. Ho un bel rapporto con la gente, questo sì. Ricevo ogni giorno messaggi di gente comune che mostra di capire il senso del mio lavoro».
Già, il tuo lavoro. Passi con disinvoltura dagli scandali vaticani ai gialli infiniti di Quarto Grado (che mia nonna chiama Quarto Oggiaro ndr).
«Quarto Oggiaro, ahahah. In effetti nel mio programma si parla spesso di degrado delle periferie...».
Ma durante l'ultima puntata - dedicata per l'ennesima volta al mistero di Yara... - ti è scoppiata in diretta la bomba della strage di Parigi.
«Ho cambiato la scaletta in tempo reale. E, grazie alla prontezza della mia redazione, sono partito con una no stop sugli attentati kamikaze. In studio c'era fortunatamente un collega che conosce l'arabo ed è stato in grado di tradurre in diretta tutti i tweet che giravano in rete. Un lavoro di squadra entusiasmante».
Ma a te piace più fare la televisione o scrivere libri?
«Ti rispondo con una frase di mio figlio di 6 anni».
Cioè?
«La tv è bella. I libri fanno volare».
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