Ecco la moda in musica (e non è la solita solfa)

Hilfiger a tutto rock con la figlia di Jagger e il set stile Beatles. Trasparenze e ricami per Custo Barcelona

Ecco la moda in musica (e non è la solita solfa)

New YorkArriva la scossa, the quake, il rock degli anni Settanta. È la musica che ha cambiato il mondo, senza se e senza ma, la madre di tutti gli stili che parlano il linguaggio della modernità. «Piacere d'incontrarti» canta una voce peccaminosa mentre Georgia May Jagger, figlia del grande Mick, sfila sulla passerella di Tommy Hilfiger a New York sulle note immortali di Simpathy for the Devil dei Rolling Stones. Il set dello show per altro è un'incredibile riproduzione della copertina di Sgt Pepper's lonely hearts club band , l'ottavo album della discografia ufficiale dei Beatles, al primo posto nella classifica dei 500 migliori LP stilata dall'edizione americana di Rolling Stones.

La collezione dell'estate 2015 è infatti ispirata dall'idea di una ragazza dei nostri giorni che frequenta i festival tipo Glastombury e Coachella al seguito di un fidanzato musicista possibilmente bello e dannato. Inevitabile pensare a Kate Moss ai tempi del suo pericoloso legame con Pete Doherthy, lo strafatto leader dei Babyshambles, ma anche a Marianne Faithfull, la donna tra le cui gambe è passato il Gotha del rock. «Giusto – esclama Hilfiger – ci sono entrambe accanto alle altre icone: Jimi Hendrix con le sue marsine militari, David Bowie con il glamrock, i pantaloni incollati al corpo di Mick, i tatuaggi di Keith Richards, i cappelli da marinaio e le sciarpe ai polsi di Janis Joplin, le stelle di Jimmy Page e quella di Peter Max Arts. È un mondo che conosco come le mie tasche, ho cominciato 45 anni fa con un negozio di surplus chiamato People's Place, ho imparato a fare il designer guardando come si vestivano le rockstar. Penso sia importante far capire ai giovani da dove veniamo, spiegar loro le regole di un gioco irripetibile e meraviglioso». C'è infatti tutto quello che da quattro generazioni significa ribellione, energia, giovinezza e sensualità, manca solo quel certo non so che di proibito per cui all'epoca si parlava di musica del diavolo. Del resto il simpatico stilista di Elmira non vuole fare un'operazione sofisticata come quella di Hedi Slimane per Saint Laurent: traduce in moda l'estetica di un tempo che non può più tornarne ma è nel cuore di tutti noi, la colonna sonora della nostra vita in un bel paio di jeans a righe bordeaux, la marsina che da Hendrix passò a Michael Jackson, il miniabito in micropaillettes della più bella groopies che si possa immaginare.

La sfilata di Diane Von Furstenberg è tutta diversa, ma sempre giocata sul filo del back-forward tra stili ed icone degli ultimi 50 anni. Apre una deliziosa rilettura del quadretto Vicky consegnato al mito da Brigitte Bardot a St Tropez negli anni Sessanta e chiude Naomi con un vestito che non le dona per niente. Se loro sembrano tutte delle Barbie di plastica, lei sembra una bambolona fino a che la sua amica Donatella non le fa mettere un magnifico vestito nero della collezione Versus Versace disegnata da Anthony Vaccarello. «È sempre lei, una vera pantera» commenta la bionda signora del made in Italy sommersa dagli abbracci di Rihanna e degli ospiti al fantasmagorico party post sfilata. «Niente diete e tanto yoga: ecco il segreto per avere un corpo perfetto» dice invece Custo Barcelona poco prima di far sfilare un'incredibile collezione battezzata «skin», pelle in inglese, ovvero ciò che si vede e intravede da un sapiente gioco di trafori, velature, trasparenze e ricami.

Stavolta l'irresistibile designer spagnolo vince e convince con uno stile che profuma di modernità per materiali (macramè laccato, gommato, cerato e chi più ne ha più ne metta) ma soprattutto per l'idea di mettere il sex appeal in quel fenomeno che in California chiamano Power Yoga, la millenaria disciplina orientale per una spettacolare forma fisica occidentale.

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