
Donald Trump gliel'ha messa su un piatto d'argento e Xi Jinping è pronto ad approfittarne. Per il presidente cinese il vertice dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) apertosi ieri a Tianjin è l'occasione per disegnare un nuovo ordine mondiale, trasferire l'asse del potere da Washington a Pechino e tirarsi dietro - oltre a Russia e India - quel sud globale in cui si muovono un paese membro della Nato come la Turchia (anche se solo come osservatore) e paesi "canaglia" come l'Iran, la Corea del Nord e l'Afghanistan talebano.
Ma partiamo dagli errori di The Donald. Errori su cui Xi Jinping sta costruendo la propria partita. Il primo è stato mettere nero su bianco la necessità di riavvicinarsi a Vladimir Putin per contrastare la Cina e impedirle di usare quelle risorse russe che la trasformerebbero nella prima potenza mondiale. La certezza di essere indispensabile alle strategie della Casa Bianca ha regalato al presidente russo la sicurezza di poter sfidare gli Stati Uniti. E quindi di poter continuare la guerra in Ucraina fino al raggiungimento di tutti gli obbiettivi. Xi Jinping, che non a caso sta riservando tutti gli onori del caso all'omologo del Cremlino, deve quindi preoccuparsi soltanto di consolidare "l'amicizia senza limiti" con Mosca. E soprattutto non far niente per arrestare un conflitto ucraino che tiene lontane Russia e l'America e rende più complessi i rapporti tra quest'ultima e i paesi europei. Non a caso il faccia a faccia di ieri tra il presidente cinese e quello russo si è incentrato sui contenuti dell'incontro di Anchorage con Trump. Secondo Yury Ushakov, consigliere di Vladimir Putin i due "hanno discusso degli ultimi contatti con gli americani". L'eventuale strategia della Casa Bianca per un riavvicinamento alla Russia è stata condivisa, insomma, con chi dovrebbe subirne le conseguenze.
Ma il secondo peccato capitale di Trump è stato quello di giocarsi i rapporti con il suscettibilissimo premier indiano Narendra Modi perdendo così un alleato chiave nello scontro per il controllo dell'Indo Pacifico. Tutto inizia 17 giugno scorso quando Trump approfitta di una telefonata con il premier indiano per chiedergli di riconoscere pubblicamente il proprio ruolo di pacificatore nella tregua raggiunta dopo gli scontri armati dei primi di maggio che hanno portato Pakistan e India sull'orlo di una nuova guerra. Un ruolo che il nazionalista Modi, impegnato a descrivere alla propria opinione pubblica un Pakistan timoroso della superiorità indiana, non può riconoscere.
Ma l'errore fatale arriva quando la Casa Bianca decide di punire l'"ingratitudine" dell'India imponendole dei dazi al 50 per cento. Con quel doppio gravissimo errore Trump si gioca l'alleato chiave nell'Indo Pacifico e innesca il riavvicinamento di Modi ad una Cina che l'India ha sempre considerato il più pericoloso dei nemici. Non a caso il premier indiano è - assieme a Putin - l'ospite a cui Xi Jinping sta dedicando la massima attenzione. Un attenzione suggellata dalle parole pronunciate durante il primo incontro degli ultimi sette anni con il premier indiano. "La scelta giusta per entrambe le parti - ha spiegato il presidente cinese è quella di essere amichevoli e avere buoni rapporti di vicinato favorendo il successo reciproco e facendo danzare insieme il drago (la Cina) e l'elefante (l'India)".
Russia e India sono insomma le chiavi con cui Xi Jinping punta a sabotare le strategie globali della Casa Bianca. E il vertice in corso a Tianjin è, grazie agli errori di Trump, la fucina in cui il presidente cinese punta a forgiare l'asse con cui guidare il mondo.