Un semplice test basato su dati clinici da sottoporre ai pazienti potrebbe a breve diventare il nuovo strumento diagnostico alternativo ai tamponi. Il metodo è stato messo a punto dai 63 medici di medicina generale del Piemonte che hanno rilevato tra i loro assistiti (in tutto circa 77mila persone) sintomi attribuibili con buona probabilità a infezione da Covid.
Ne è emerso che i contagiati da Covid potrebbero essere sei volte tanto rispetto quelli accertati tramite i test «ufficiali». E se a questo dato si aggiunge il numero dei non sintomatici, le cifre coinciderebbero con quelle stimate dai virologi. E cioè che il contagio ha colpito dieci volte tanto rispetto ai numeri annunciati quotidianamente dalla Protezione civile. «In una settimana - spiega Aldo Mozzone del gruppo Rimeg a nome dei medici Fimmg piemontesi - abbiamo riscontrato 430 casi con sintomi riferibili a Covd. Rapportando il dato alla popolazione generale, ci siamo resi conto che i contagi risulterebbero quasi 20mila, cioè sei volte tanto rispetto ai 3.183 diagnosticati dai tamponi. Resta tuttavia una zona d'ombra che non siamo in grado di esplorare e verificare, cioè gli asintomatici che ovviamente, non avendo disturbi, non si presentano dal medico».
Il foglio di raccolta dati passa al vaglio alcune voci: valuta la presenza di febbre più alta di 37,5 gradi per più di tre giorni, tosse secca o dispnea, dolori muscolari, sostenuta astenia, cefalea, mal di gola, rinorrea, disturbi gastrointestinali. E ancora i sintomi chiave del virus: la perdita dell'olfatto, l'alterazione del gusto e la presenza di una congiuntivite bilaterale. Incrociando tutte questi informazioni, i medici riescono a formulare la loro diagnosi. «Ora i pazienti che abbiamo individuato - spiega Mozzone - verranno sottoposti a tampone, per verificare la veridicità della nostra diagnosi. Se risulteranno realmente positivi almeno otto su dieci, significa che abbiamo in mano uno strumento valido, con un indice di verosimiglianza molto elevato».
Il questionario diventerebbe a tutti gli effetti uno strumento diagnostico da estendere a tutta Italia. E sarebbe utile per molte ragioni: innanzitutto è un metodo più rapido e meno costoso dei tamponi e poi permetterebbe di intervenire per tempo sui pazienti, quando la malattia è ancora trattabile con antivirali e anti reumatici e quando non è ancora degenerata richiedendo ossigenazione o ricoveri in terapia intensiva. Il questionario come strumento diagnostico andrebbe inoltre a rafforzare l'intervento sul territorio che, in questa fase della pandemia, è il vero campo di battaglia su cui giocare la partita contro il virus. Ancora più che in ospedale. Tuttavia i medici di famiglia da soli non riescono a far fronte all'emergenza che si consuma nelle case e soprattutto spesso non riescono a intervenire per tempo ma solo quando ormai è necessario il ricovero in reparto. Nelle scorse settimane anche le Rsa si sono organizzate e hanno collaudato i test come strumento di prevenzione. Ben consapevoli delle difficoltà a sottoporre a tampone i loro ospiti.
«L'obiettivo - spiega Raffaele Antonelli Incalzi, presidente della società italiana di geriatria - è valutare l'efficacia di esami ematochimici come l'emocromo e la Pcr o test diagnostici legati all'apparato muscolare come il test del cammino o l'impatto delle politerapie, di più malattie o dello stato cognitivo, per individuare sintomi sentinella che possano consentire una diagnosi precoce di Covid-19 nelle Rsa, dove è più difficile l'applicazione di parametri diagnostici come ad esempio Rx del torace o Tac».
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