Guerra in Ucraina

"Effetto-boomerang per il dollaro"

L'economista: "Bloccare le riserve russe nuoce al biglietto verde"

"Effetto-boomerang per il dollaro"

Il recupero del rublo sui livelli precedenti l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia nel cambio con dollaro ed euro si è concretizzato nella riapertura dei mercati di questa settimana. La moneta russa era passata da un cambio di 85 rubli per un dollaro a uno di 150 a 1 il 7 marzo, svalutandosi di oltre il 43% in due settimane, ma da allora in avanti ha recuperato attestandosi ieri a 88 rubli per un dollaro. A cosa è dovuto questo fatto? Gioca un ruolo sicuramente il fatto che sull'energia non si è ancora arrivati alla rottura e che il sistema europeo finanzi la strategia russa di difendere il cambio con l'accumulo di riserve in valuta pregiata versate dall'Occidente acquistando gas e petrolio da Mosca. Alcune analisi hanno messo in campo pure l'idea che sia stato l'annuncio di Putin di accettare solo pagamenti in rubli dal primo aprile a fare la differenza. Ma è davvero così? Ne abbiamo parlato con Massimo Amato, docente di Storia del pensiero economico all'Università Bocconi di Milano.

Professor Amato, innanzitutto, come mai il rublo è in ripresa sulle valute occidentali come il dollaro? Qual è la motivazione principale?

«Non ritengo sia ancora possibile indicare una determinante chiave. È difficile dare un giudizio preciso a un mercato come quello valutario oggigiorno sottoposto ad altissima volatilità. Potrebbe trattarsi del riassorbimento di alcune posizioni finanziarie aperte, di una fase di stabilizzazione dopo una fuga di capitali che ha anticipato i rischi di uno shock economico per la Russia, una correzione delle aspettative di breve periodo o una pura e semplice correzione di mercato».

Quindi le dinamiche andrebbero analizzate in prospettiva e non guardando a singoli picchi giornalieri?

«Si, assolutamente, bisogna prendere un intervallo temporale sufficientemente lungo per capire in che misura una svalutazione monetaria si consolida come un fattore strutturale. I mercati sono famosi per esser soggetti a una volatilità che in periodi di emergenza non può che aumentare. Il peso dell'informazione è decisivo, ma ora come ora è la questione più difficile da pesare».

Questo rende problematico l'uso dell'arma valutaria come strumento di guerra economica?

«Sì, e il dollaro rischia un effetto boomerang. Gli Stati Uniti sono abituati a usare il dollaro come arma. Ma ora quest'arma appare spuntata: nella percezione il dollaro è solid as a rock («solido come una roccia»), la detenzione di riserve in dollari un rifugio contro qualsiasi crisi per Paesi esterni agli Usa. Ma il congelamento delle riserve denominate in dollari ne può intaccare la domanda globale».

È plausibile che l'annuncio di Putin di accettare solo pagamenti in rubli per il gas abbia giocato un ruolo?

«Lo escludo. C'è un dato chiaro da tenere in considerazione. I Paesi ad economia avanzata del G7 si sono espressamente rifiutati di pagare in rubli il gas russo. Nessuno pagherà in rubli».

Ma ora le cose possono cambiare? Saremo costretti a pagare in rubli?

«Non mi sembra una battaglia credibile.

I contratti non lo prevedono e la minaccia di chiudere le forniture sarebbe una mossa che danneggerebbe in primis la Russia stessa, che sarebbe ancora più esposta sul fronte finanziario, privata sia di euro e dollari da un lato che di rubli dall'altro».

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