Effetto Sì: le mani di Renzi anche sul gasdotto pugliese

La bocciatura del progetto della Consulta diventerebbe nulla. L'opera in chiave anti-Russia vale 45 miliardi

Effetto Sì: le mani di Renzi  anche sul gasdotto pugliese

Basta un Sì il 4 dicembre per sacrificare un pezzo di Salento agli interessi della diversificazione dell'approvvigionamento di combustibili fossili in Europa. È previsto, infatti, che l'approdo della sezione italiana del gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline) sia la spiaggia di San Basilio, in prossimità di San Foca (Lecce). La maxiopera da 45 miliardi di dollari, che attraverserà sei Paesi e 3.500 chilometri, servirà per trasportare gas dal giacimento di Shah Deniz, vicino Baku, in Azerbaijan, fino alla località turistica della Puglia.

Dal 2013, il progetto è stato inserito dall'Unione europea nel Terzo Pacchetto Energia, per garantire la diversificazione di fonti e canali energetici e la connessione tra Paesi. Il fine, insomma, è quello di creare un'alternativa a Gazprom, compagnia di bandiera russa, leader nella fornitura di gas naturale, da cui l'Europa dipende. L'approvazione al progetto, però, da parte dell'ex ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, risale al 20 maggio 2015, sulla base del cosiddetto Sblocca Italia, di cui è firmataria e che a gennaio scorso subì la bocciatura della Corte costituzionale. Se vincesse il Sì, lo Stato se ne occuperebbe in via esclusiva, rendendo nullo ogni attuale tentativo di opposizione all'approvazione di un'opera dall'iter legislativo quantomeno dubbio e togliendo Renzi dall'imbarazzo di rendere conto dell'opposizione di Michele Emiliano, governatore della Puglia, del comune di Melendugno e della popolazione, che ha trovato nel comitato No Tap il centro in cui convogliare gli sforzi per fermare il piano.

«Io sfido chiunque a farsi il bagno in una spiaggia dove passa un tunnel», dichiara Gianluca Maggiore, portavoce del comitato No Tap. Lo scontro con il governo è su più punti, non ultimo l'iter seguito dal ministero dell'Ambiente per la procedura d'approvazione della valutazione d'impatto ambientale. La Procura di Lecce ha chiesto l'archiviazione delle due inchieste sul gasdotto, per le quali sono indagati Michele Mario Elia, country manager del Tap e Gilberto Dialuce, direttore generale delle Infrastrutture energetiche del Mise. Deciderà il gip il prossimo 30 novembre, ma la vera partita si gioca con il referendum costituzionale: con la vittoria del Sì, nulla varrà a fermare i lavori. Nell'area interessata, lunedì scorso è apparso un container e un bagno chimico, ma per ora non c'è traccia di cantieri.

Un'altra questione non trascurabile è quella dei diritti umani. La Procura di Milano indaga sull'ex deputato Udc Luca Volontè, che secondo l'accusa avrebbe ricevuto dall'Azerbaijan una tangente da due milioni e 390 mila euro, per insabbiare, in seno al Consiglio d'Europa, la verità sui prigionieri politici azeri documentata nel rapporto Strasser. La condotta dell'Azerbaijan nei confronti dei dissidenti, documentata dal report del socialdemocratico tedesco Christopher Strasser, avrebbe reso lo Stato caucasico non meno sanzionabile della osteggiata Russia. L'Azerbaijan ha infatti chiesto alla Banca Europea per gli Investimenti un finanziamento di 2 miliardi per la costruzione del gasdotto, consapevole delle politiche restrittive dell'istituto di credito, intollerante alle violazioni delle libertà fondamentali.

Dulcis in fundo, a maggio scorso, la società energetica statale azera Socar ha presentato una proposta alla Gazprom, per l'acquisto dai tre ai cinque miliardi di metri cubi di gas russo all'anno.

Se è vero che quello di Shah Deniz è, come definito da Al Cook, vicepresidente della British Petroleum, «il più grande giacimento mai trovato, esteso quanto l'isola di Manhattan"», l'annuncio di Rovnag Abdullayev, presidente della Socar, pare piuttosto insolito. A fare i malpensanti si finirà per chiedersi: 870 chilometri di tunnel e 45 miliardi di dollari investiti, per finire a comprare il gas sempre dai russi?

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