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Effetto Trump sul voto Usa tra sondaggi choc e sospetti

In testa tra i repubblicani con il 35% dei voti. Ma molti lo accusano: "Fa il gioco di Hillary"

Effetto Trump sul voto Usa tra sondaggi choc e sospetti

Resta il favorito nella corsa repubblicana alla Casa Bianca, anche se molti americani sono preoccupati dalla sua ascesa. Il sondaggio New York Times/Cbs realizzato dal 4 all'8 dicembre e chiuso prima delle controverse dichiarazioni di Donald Trump sulla chiusura delle frontiere americane ai musulmani racconta come il 35 per cento degli elettori repubblicani vedano favorevolmente il magnate. Allo stesso tempo, due terzi della popolazione è inquieta per un suo ipotetico successo. Il 24 per cento degli americani ha detto d'essere preoccupato da una sua entrata alla Casa Bianca, il 40 per cento ha addirittura paura per ciò che potrebbe fare dall'Ufficio Ovale. E se da parte repubblicana Trump ha 19 comodi punti che lo separano dal secondo in gara, il senatore Ted Cruz, in campo democratico restano robuste la presenza e l'esperienza di Hillary Clinton, che è a venti punti di vantaggio rispetto al rivale interno Bernie Sanders, senatore del Vermont.

Trump rischia di essere un fattore fondamentale delle elezioni preidenziali dell'anno prossimo. Al punto che molti «complottisti» americani hanno iniziato a sospettare che possa essere addirittura il «cavallo di Troia» di Hillary Clinton per la vittoria. Fantapolitica in stile House of Cards? Forse. Però chi sostiene questa tesi porta come prove il fatto che il magnate abbia più volte votato democratico in passato, che poche delle sue posizioni siano in linea con quelle Repubblicane (al punto che lui è stato soprannominato «Rino»: «republican in Name Only», repubblicano solo di nome), che i suoi rapporti con la famiglia Clinton siano sempre stati ottimi e che ci sia stata una calorosa telefonata tra i due candidati qualche mese fa. Insomma, Trumpo dovrebbe scardinare i conservatori e poi consegnare il gol a porta vuota all'amica. Fatto sta che i numeri sembrano dar ragione a Trump. È vero, il sondaggio è stato fatto prima delle dichiarazioni che hanno scioccato sia l'establishment repubblicano sia quello democratico. Un coro bipartisan di critiche dal mondo politico e culturale non soltanto americano ha investito il ricco uomo d'affari, tanto che dopo la sua proposta di chiudere le frontiere americane ai musulmani, quello che rischia il bando ai valichi di confine stranieri è lui. Erano circa 400mila le firme raccolte ieri in serata da una petizione postata sul sito del Parlamento britannico per bloccare l'accesso nel Regno Unito a Donald Trump. Secondo la stampa britannica, ogni petizione sul sito che sorpassa le 100mila firme deve essere presa in considerazione dai deputati. In molti tra i politici britannici, a Londra come altrove nel mondo, hanno reagito con sdegno, prendendo una netta distanza dalle parole di Trump, in tanti hanno duramente criticato le sue posizioni. Per il premier David Cameron, in visita in Egitto, dove ha incontrato anche alte autorità dell'Islam locale, le parole del magnate americano «non sono d'aiuto, creano divisioni, sono semplicemente sbagliate». Il sindaco di Londra, Boris Johnson, ha dichiarato che Trump «è chiaramente fuori di testa». Il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, però, dopo aver denunciato le posizioni del tycoon ha sottolineato come invece di reagire con una proposta di bando alle frontiere sarebbe meglio iniziare un dibattito democratico.

È già saltata, invece, dall'agenda dell'aspirante presidente la visita in Israele che era in programma il 28 dicembre. Troppi malumori per le parole anti-musulmane da ambienti dell'opposizione di Netanyhau. «Tornerò da presidente», twitta Trump.

Ormai nessuno ride più.

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