nostro inviato a Venezia
Matteo Salvini resta qui al Lido anche quando è a Venezia, come ieri o l'altro ieri, a Palazzo della Regione, per affari di governo. E ci rimarrà a lungo, temiamo, anche se ieri aveva un impegno pubblico a Conselve (Padova), per festeggiare la compagna Elisa Isoardi che ha ricevuto il premio «Diva e donna». Toccata e fuga. Come ha fatto mercoledì sera con un blitz tra il Palazzo del cinema e l'Excelsior, ma solo «far contenta la fidanzata»...
Fidanzatino d'Italia (visto il consenso popolare) e bersaglio degli antisovranisti (attivi soprattutto fra le file dell'intellighenzia, soprattutto settore Spettacolo), Matteo Salvini è ovunque. Eppure tutti in questi giorni se lo ritrovano qui al Lido, tra tweet, dichiarazioni, attacchi, risposte e «bacioni». Dalle proiezioni in sua assenza al red carpet visto da lontano, quella del vicepremier è una passerella infinita, polemica e politica, che parte dalla presentazione alla Mostra del cinema del film Sulla mia pelle che racconta il caso Cucchi, il ragazzo arrestato per spaccio di droga nel 2009 e poi morto in ospedale dopo un non ancora chiarito «incidente».
La sorella Ilaria, presente al Lido per l'anteprima, sull'onda dell'emozione dopo la commossa accoglienza del film, ha rilanciato la sua dedica personale a Salvini: «Guardando alcune scene mi sono venute in mente le parole del ministro dell'Interno il quale sostiene che il reato di tortura lega le mani alle forze dell'ordine e che se in qualche fermo ci scappano un po' di botte pazienza...». Il tempo di accendere l'iPad il mattino dopo e il vicepremier ha risposto a stretto giro di Facebook: «Vedrò volentieri il film e incontrerò i familiari, se lo desiderano, per ascoltare le loro ragioni». Aggiungendo: «I pochissimi che sbagliano vanno puniti anche più degli altri, però difendo il lavoro e la sicurezza delle forze dell'ordine». Risposta accettata da Ilaria Cucchi: «Accolgo l'invito all'incontro. Condivido il fatto che le forze dell'ordine debbano poter operare nel regime di massima sicurezza e tutela. Non credo che una legge efficace che punisca il reato di tortura possa metterle a repentaglio», ha spiegato. Pari e patta.
Pace fatta? Non del tutto. Le polemiche cinematografiche, come la pellicola, s'infiammano velocemente. Gianni Tonelli, ex segretario del Sap, ora deputato leghista, ieri ha sbattuto in faccia alla famiglia Cucchi i finanziamenti statali al film (sembra siano 600mila euro). Le divise - carabinieri, poliziotti, agenti della Penitenziaria hanno diramato diverse note accusando la produzione di mandare nei cinema (e in onda: il film sarà su Netflix) una storia «controversa», «con molti punti oscuri», «non definita processualmente». E poi, per dare il colpo finale (?) al caso, ci si è messa la politica. Stefano Maullu di Forza Italia ha urlato che «I processi devono avere luogo nelle aule dei Tribunali, non nelle sale cinematografiche. Ciò a cui si è assistito a Venezia è imbarazzante». Mentre Edmondo Cirielli, deputato questore della Camera e responsabile Giustizia di Fratelli di Italia, chiede la revoca dei finanziamenti statali al film.
Intanto mezzo web accusa da due giorni Ilaria Cucchi di farsi
pubblicità, e l'altra metà attacca il vicepremier, a prescindere. Sì, il rischio è che Matteo Salvini, indipendentemente dal fatto che ci sia di persona o in effigie cinematografica, qui al Lido resterà per qualche giorno.
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