I riformisti che si sono riuniti a Prato vogliono disarcionarla e a Montepulciano vogliono controllarla. Lei va dai secondi e prova ad accennare un colpo di reni. Elly Schlein parla del Pd, che "è il primo partito della coalizione". Lo definisce un "perno". Ma il messaggio è tutto per chi, anche tra i "suoi", la vorrebbe più defilata, magari lasciandole il partito e togliendola dalla corsa per la leadership del campo largo. Tra minoranza liberal e correntone. In mezzo a Giuseppe Conte e alle manovre uliviste. Schlein da Montepulciano, in chiusura dell'happening della maggioranza dem, tenta di ribadire che lei non intende rinunciare alla corsa per diventare il candidato premier del centrosinistra. È da intendersi in questo senso la sottolineatura sulla primazìa del Pd nel fronte progressista. La segretaria parla a Conte, certo, ma si rivolge soprattutto a chi - dentro il suo partito e poco fuori - la considera sprovvista del quid necessario per ambire a Palazzo Chigi. "Il Pd è cresciuto ed è cresciuto ovunque, dove abbiamo vinto e anche dove non lo abbiamo fatto - dice -. Sono voti veri e se li sommiamo la nostra coalizione progressista e quella al governo sono pari: la partita è già aperta". E soprattutto: "Dopo due anni e mezzo c'è una coalizione e il Pd è il primo partito della coalizione".
Tradotto: il leader del partito più votato del campo largo non può non correre per fare il candidato premier. La segretaria sogna di farsi incoronare aspirante presidente del Consiglio di tutti i dem nell'assemblea del partito, forse in primavera. Un percorso lungo, che rischia di trasformarsi in un duello tra maggioranza e minoranza interna a colpi di commi dello Statuto del Pd. Articolo 5, primo comma.
Si legge: "Il segretario nazionale rappresenta il partito ed è proposto dal partito come candidato all'incarico di presidente del Consiglio dei Ministri". Eppure Schlein non può tirare il proverbiale sospiro di sollievo. Al secondo comma c'è scritto che il leader può proporre un candidato diverso "quando lo ritenga opportuno per gli interessi del Paese e del Partito". E ancora, comma 3: in caso di primarie di coalizione "l'Assemblea nazionale stabilisce le modalità di presentazione e selezione di eventuali altre candidature, in aggiunta a quelle del segretario". Tutto e niente.
Perciò Schlein sottolinea che il Pd "è un perno fondamentale di questa alleanza". E il fatto che l'investitura non sia un automatismo è confermato dalla necessità di precisare che invece dovrebbe essere proprio lei la candidata premier. Prendiamo Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, entrato nel toto-nomi come potenziale "federatore", in grado di togliere dal campo la candidatura di Conte. "Schlein è la soluzione più naturale", ha detto sabato.
Con lui, a parole, Area Dem di Dario Franceschini, ex lettiani, bersaniani ex Articolo 1, sinistra dem. Ma, dalle parti di Conte, sospinti dai sondaggi che indicano l'ex premier come vincente alle primarie, non ci pensano proprio a rinunciare all'ambizione del ritorno a Palazzo Chigi.