L'Africa torna centrale nel risiko del gas e diventa l'asso nella manica dell'Europa per emanciparsi il prima possibile dalle forniture russe che stanno mettendo in ginocchio l'economia del Vecchio Continente. Il tutto con l'Italia che si candida ad essere un hub centrale per la ricezione e lo smistamento delle forniture.
Un ruolo sempre più strategico per l'Africa che impatterà sul suo futuro politico-economico, ma anche sulle future scelte politiche italiane legate all'immigrazione, e alla cooperazione internazionale.
Dopo il piano presentato dal ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani che prevede diverse partnership nel Continente africano, ieri Eni che è di fatto la compagnia italiana di Stato che si occupa di gas e petrolio (il Tesoro ha il 30,3%) ha annunciato l'acquisizione delle attività dell'inglese Bp in Algeria: due concessioni per la produzione di gas nel Sahara meridionale.
«Un'acquisizione - ha sottolineato il Cane a sei zampe che ha un forte valore strategico e contribuisce ulteriormente a soddisfare il fabbisogno europeo di gas, oltre a rafforzare la presenza di Eni in Algeria, un importante produttore di gas nonché Paese chiave per il gruppo». L'operazione permetterà alla società di ampliare il proprio portafoglio di asset nel Paese ed è un ulteriore tassello per l'emancipazione energetica dalla Russia, oggi più che mai urgente.
A conti fatti Eni si è trovata, dunque, nel posto giusto al momento giusto visto che non si è trattato di una mosssa improvvisata. Il gruppo guidato dall'amministratore delegato Claudio Descalzi ha un tradizionale radicamento in Africa che risale al 1954. Eni è presente in Algeria dal 1981. Non solo. Le «bandierine» della holding di San Donato Milanese, e quindi dell'Italia, sono piantate anche in Egitto, Mozambico, Libia, Nigeria, Angola, Congo, Ghana. Tutti Paesi indicati come centrali dal piano energetico del ministro Cingolani.
Secondo Guido Brusco, chief operating officer natural resources del gruppo Eni, «i 20 miliardi di metri cubi di gas provenienti dalla Russia e importati da Eni saranno sostituiti al 50% a partire da questo inverno, all'80% nel 2024 e al 100% nel corso del 2025». La sostituzione, ha aggiunto, «avverrà prevalentemente con gas di produzione algerina, le cui forniture destinate all'Eni su base annua raddoppieranno da circa 9 miliardi di metri cubi annui a circa 18 miliardi di metri cubi annui entro il 2024».
Una relazione che non sarà solo a senso unico. Ieri il ministro del Petrolio della Nigeria, Timipre Sylva, ha annunciato l'imminente costruzione di un gasdotto per esportare il gas direttamente in Europa. A margine di Gastech 2022, evento in corso a Milano, il ministro ha spiegato che «il Paese sta costruendo un metanodotto attraverso l'Algeria per vendere direttamente gas all'Europa». Sui tempi il ministro non dà una «data precisa» ma indica che «l'Algeria ha completato la propria rete e ora dobbiamo collegarle. Credo - ha aggiunto - che il gasdotto Akk possa essere realizzato in tempi brevi».
«Per il gas abbiamo riserve per 206mila di miliardi di piedi cubi (5.833,3 miliardi di metri cubi, ndr), ma oggi siamo a 8 miliardi (0,22 miliardi di metri cubi) di produzione. Abbiamo ampi margini di crescita anche attraverso l'esplorazione.
Grazie alle nuove esplorazioni possiamo triplicare le nostre riserve a 600 mila miliardi di piedi cubi (16.990 miliardi di metri cubi)», ha concluso Sylva. La Nigeria ha in cantiere 10 progetti principali da qui al 2030 sul gas e punta a coinvolgere nel nuovo gasdotto anche l'Eni.
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