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Eni, quattro anni di fango "Calunnie contro i vertici"

La Procura chiude l'indagine sul complotto organizzato da Amara per diffamare il colosso

Eni, quattro anni di fango "Calunnie contro i vertici"

Una calunnia organizzata a tavolino per incastrare i vertici Eni e inquinare il corso dei processi: questo, per la Procura di Milano, fu la vera natura del complotto organizzato dagli avvocati Vincenzo Armanna e Pietro Amara, i due faccendieri che per anni hanno ruotato intorno al colosso energetico di Stato. E che quando sono stati emarginati hanno iniziato a tramare grazie ai loro amici tuttora operativi dentro Eni: una associazione a delinquere che aveva nel mirino il numero uno del cane a sei zampe, Claudio Descalzi.

Al termine di una inchiesta durata quattro anni, e contornata di lacerazioni e veleni, la Procura ieri tira le somme notificando l'avviso di chiusura delle indagini preliminare ad Amara (l'unico a essere detenuto), a Armanna, all'ex numero due di Eni Antono Vella, e a tre ex funzionari dell'ufficio legale interno, con in testa il capo Massimo Mantovani. Il provvedimento parla di «associazione a delinquere finalizzata alla calunnia, diffamazione, intralcio alla giustizia, false dichiarazioni, favoreggiamento, corruzione tra privati». Una sfilza di reati impressionanti ricostruiti dalla Procura scavando intorno alla lobby guidata da Amara e Armanna nel sottobosco di Eni, tra parcelle milionarie spuntate dal nulla e carichi petroliferi di origine sconosciuta.

Nell'inchiesta la Procura aveva iscritto nel registro degli indagati, proprio grazie alle dichiarazioni di Amara e Armanna, l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi e il capo dell'ufficio legale Claudio Granata. Non era solo un atto formale. I pm milanesi hanno davvero sospettato per anni Descalzi, prendendo per buone le dichiarazioni dei due falsi «pentiti», di essere non solo il mandante di gigantesche tangenti internazionali ma anche il regista di una cervellotica operazione per infangare la Procura che indagava su di lui. Dalle accuse di corruzione Descalzi è già stato assolto con formula piena. E ora la Procura prende atto che con il complotto non ha nulla a che fare, e ne è anzi la vittima principale insieme a Granata. Nella ricostruzione dei pm, la trama prosegue fino a pochi mesi fa, con gli ultimi verbali dei due faccendieri e con la denuncia con cui, ancora il 20 ottobre 2020, Armanna accusa Granata di avergli offerto la riassunzione in Eni in cambio di un aiuto a Descalzi.

Trame torbide, dietro cui si intuisce il lato oscuro di un management che per lunghi anni si è mosso come un contropotere dentro Eni. Ora Vella e gli altri (compreso Mantovani, che attraverso i suoi legali ieri sera parla di «accuse di labilità e inconsistenza sconcertanti») sono fuori, e vanno incontro a un processo complicato. Il problema è che nei lunghi anni in cui la trama si è sviluppata, la Procura di Milano non è stata spettatore imparziale. Sono stati i pm milanesi a prendere per buone le accuse che Amara e Armanna lanciavano contro i vertici di Eni, e che hanno portato l'azienda pubblica sul banco degli imputati. Ora si scopre che era tutto inventato: le tangenti in Algeria, le mazzette in Nigeria, il complotto contro la Procura.

Ma ci sono voluti quattro anni.

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