Milano Gli ultimi giorni di passione e tensione. Si chiuderà a fine mese la cosiddetta «finestra elettorale». Calendario alla mano, per votare l'ultima settimana di settembre (domenica 29), la crisi può deflagrare fino alla fine di luglio. Se uno tra Di Maio e Salvini decidesse di rompere nei prossimi giorni, non sarebbe troppo tardi, anche se i tempi sarebbero strettissimi. Se e quando questo succederà, Mattarella ritiene di avere davanti a sé un percorso istituzionale obbligato da decenni di prassi: una volta annunciata la crisi da uno o da entrambi i leader di maggioranza, e ricevuta dal premier la comunicazione delle sue dimissioni, il presidente convocherà le consultazioni. Se da queste non uscirà alcuna maggioranza, come al momento pare assodato, viste le posizioni nette di tutti i partiti, Mattarella scioglierà le Camere e indirà le elezioni.
Incalzato dai cronisti, Matteo Salvini ancora ieri ci scherzava (ma non troppo) su: «La finestra elettorale è sempre aperta, guardate questo bel cielo». Per poi aggiungere che in tutto l'arco parlamentare i leghisti sono «i meno attaccati alla poltrona». Torniamo, però, alle questioni tecniche. Si parla di «finestra» perché dopo la fine di luglio non ci saranno i tempi sufficienti per fare in modo che il nuovo governo (frutto di una nuova alleanza politica, frutto a sua volta di una nuova assemblea parlamentare) entri in carica prima del 20 ottobre. Sarà quella infatti la data d'inizio della cosiddetta «sessione di bilancio», il periodo (che dura fino alla fine dell'anno) in cui si discute la Manovra.
Dietro questa spiegazione, tuttavia, si nascondono altre necessità dettate più dal buonsenso che da motivi squisitamente «costituzionali». Se durante questi giorni la situazione precipitasse tanto da portare il premier Giuseppe Conte a rassegnare le dimissioni, non è detto che Mattarella arriverebbe automaticamente allo scioglimento di Camera e Senato. La prassi gli suggerisce, infatti, di verificare l'ipotesi di maggioranze alternative e le consultazioni per quanto veloci devono comunque essere responsabili e ponderate. Quindi lo scioglimento delle Camere dovrebbe arrivare con tempi contingentati. Da lì, come ricorda la Costituzione ci vogliono almeno 45 giorni per scegliere la data del voto. Che salgono a 60 da quando votano anche gli italiani all'estero. E poi, dalla data del voto, trascorrono una ventina di giorni dalla prima convocazione del nuovo Parlamento.
Sempre il buon senso, però, sconsiglia qualsiasi partito dallo spingere per una campagna elettorale da effettuare sulle spiagge e fra gli ombrelloni. Le stesse macchine dei partiti sono costituite da «personale» che si troverebbe in ferie. E che questo buonsenso sia rigoroso ed efficace come una legge lo dimostra il fatto che nella storia repubblicana non c'è mai stata una campagna elettorale agostana.
La Costituzione, però, non vieta la cosa. Anzi. E non vieta nemmeno che un nuovo esecutivo, frutto di un nuovo Parlamento, presenti un «esercizio provvisorio». Semplicemente a vietarlo è la paura di fare una campagna elettorale in infradito e canottiera.
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