Armi di distrazione di massa, veline e polemiche. Questo è l'arsenale utilizzato dal premier Matteo Renzi assieme al fedele ministro Boschi per combattere la quotidiana guerra di marketing contro la pubblicità negativa che il caso Banca Etruria sta facendo a Palazzo Chigi.E più il premier cerca di sviare l'attenzione o di pronunciare parole definitive sul caso più si aprono mille focolai di tensione che non si sempre si riesce a spegnere con tempismo. Ad esempio, l'intervista domenicale del ministro delle Riforme al Corriere si è rivelata inefficace. È bastato solo esprimere la propria contrarietà all'ipotesi di fusione tra la banca aretina e la Popolare di Vicenza di due anni fa («se fosse stata fatta quell'operazione, credo che oggi avrebbero avuto un danno enorme i correntisti veneti e quelli toscani») per scatenare un nuovo vespaio. Si dà, infatti, il caso che l'integrazione fosse stata «sollecitata» da Bankitalia per mettere sotto tutela esterna l'istituto, ancorché la popolare vicentina non brillasse per redditività. «Mi sono formata un'opinione su affari noti a tutti», s'è difesa ieri Boschi a Otto e mezzo ribadendo che suo padre Pier Luigi è «uno dei pochi che ha pagato» e che «se venisse indagato dovrebbe trovarsi un avvocato ma non avrebbe impatto su di me perché la responsabilità penale è personale». La sfida è aperta.Renzi e Boschi avrebbero tanta voglia di rispondere per le rime a Via Nazionale, che con la relazione dei suoi ispettori ha messo in evidenza presunti conflitti di interessi tra amministratori (tra i quali Pier Luigi Boschi) e clienti dell'istituto a loro riconducibili. Troppo pesante quel dossier che mette in questione i 185 milioni di euro di affidamenti a persone e società legate al vecchio consiglio di amministrazione. Ma il governatore Ignazio Visco è al riparo sotto l'ala protettrice del Quirinale visto che il presidente Sergio Mattarella ne ha scongiurato le dimissioni dopo che il premier aveva affidato a Cantone la questione arbitrati. «È garanzia di imparzialità, correttezza e professionalità», ha ripetuto Boschi tirando un'altra a stilettata al governatore.Renzi (e in qualche misura anche Boschi) vorrebbe che questo pasticcio fosse risolto da chi l'ha creato, cioè dal ministro dell'Economia Padoan che non solo ha prodotto un decreto che ha azzerato i risparmi degli obbligazionisti subordinati per compiacere Bruxelles (con cui proprio il governo è stato incapace di trattare), ma che è stato pure chiamato «salva banche». E qui la responsabilità è degli staff di comunicazione di Palazzo Chigi e di Via XX Settembre. E così i rispettivi portavoce sono sotto pressione per cercare uno stratagemma efficace. Anche perché tutti sono terrorizzati dalla possibilità che le indagini di Arezzo possano lambire Roma.Va detto che la fortuna non li assiste. Ieri il Csm ha rinviato la decisione sulla pratica aperta nei confronti del procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, per verificare se sussista incompatibilità tra il coordinamento nelle indagini su Banca Etruria e il suo incarico, autorizzato fino al 31 dicembre scorso, di consulente della Presidenza del Consiglio. Circostanza che ha ridato fiato anche all'opposizione interna a Renzi. Domenica il senatore piddino Miguel Gotor s'è scagliato contro Boschi per le questioni bancarie. Anche Massimo D'Alema s'è risvegliato criticando tutta la poca autorevolezza del governo in politica estera, proprio ora che Renzi sperava di utilizzare la situazione internazionale come diversivo.
E alla fine anche l'accelerazione sul ddl unioni civili s'è ritorto contro il premier perché l'ala cattolica del suo partito con Beppe Fioroni in testa ha chiesto alla maggioranza di fermarsi. L'effetto spin, che tanto aveva portato fortuna, non funziona più.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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