Eurolandia torna a correre Volano tutti, Italia esclusa

Economia Ue mai così bene da 6 anni. Juncker: "Roma ha già avuto 19 miliardi, ora basta"

Eurolandia torna a correre Volano tutti, Italia esclusa

L'Europa vede la ripresa. Per l'Italia, invece, è ancora un miraggio e la debolezza della situazione economica complessiva non depone a favore del nostro Paese a fronte di un sempre più probabile cambiamento della politica monetaria della Bce nel prossimo futuro.

Ieri è stato diffuso l'indice manifatturiero Pmi dell'Eurozona: a febbraio ha segnato 56 punti dai 54,4 del mese precedente. È il livello più elevato da aprile 2011, ossia prima che la crisi del debito sovrano deflagrasse. Il trend indica, secondo gli analisti di Unicredit, che il ritmo di crescita del Pil dell'area che adotta la moneta unica potrebbe sostenuto (+2,5% a livello annualizzato nel primo trimestre; altri analisti stimano un +0,6% su base trimestrale) anche perché il sottoindice sull'occupazione è ai massimi da agosto 2007. La maggior parte degli economisti, osservando questa evoluzione congiunturale che si accompagna a una decisa risalita dell'inflazione (oltre l'1% su base annua), concorda nel ritenere che la politica dei tassi a zero potrebbe ben presto essere rivista al rialzo.

Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha comunque assicurato che il programma di acquisto di titoli di Stato continuerà fino all'anno prossimo anche se a un ritmo meno sostenuto (60 miliardi mensili contro gli attuali 80). Arriverà relativamente presto il momento nel quale l'Italia dovrà fare i conti con se stessa più che con l'Europa. Ieri il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha ribadito che «l'euro non significa austerità cieca e questo è il motivo per cui l'Italia può spendere 19 miliardi di euro in più senza essere sanzionata secondo il Patto». Un riferimento alla procedura di infrazione evitata per la legge di Stabilità 2016 grazie alla flessibilità concessa per le pseudoriforme renziane. Anche sulla legge di Bilancio 2017 il ministro dell'Economia Padoan è riuscito a guadagnare un po' di tempo: la manovra correttiva da 3,4 miliardi sarà varata ad aprile, il rapporto sul debito pubblico dei Paesi Ue varato oggi dalla Commissione non farà scattare la messa in mora automatica (evidenzierà soltanto l'insoddisfacente andamento del deficit strutturale) e a maggio tutto si concluderà con un compromesso. «La correzione si farà e toglierà ogni dubbio», ha chiosato Padoan. A Bruxelles, però, serpeggia il malcontento e il rapporto stigmatizzerà «il rallentamento delle riforme a causa della situazione politica».

Il monito di Juncker è chiaro: l'Italia ha già avuto tanto. Tenendo conto che ogni punto percentuale in più di tassi di interesse significa 20 miliardi di spesa per interessi sul debito pubblico monstre, starà al nostro Paese rimettersi in riga. Semplice a parole, ma non in pratica perché con un tasso di disoccupazione del 12% (40% quella giovanile), un'inflazione tornata da poco in territorio positivo e con una produzione industriale che ha ritrovato un po' di slancio, qualsiasi correzione dei conti pregiudicherebbe la «ripresina». Senza contare che il lieve incremento dei prezzi al consumo erode il potere d'acquisto già non elevato delle famiglie.

Il numero uno della Commissione Ue ieri non ha voluto infierire nei confronti dell'Italia, come non lo ha fatto in passato il commissario agli Affari

economici, Pierre Moscovici. Juncker ha però precisato di essere favorevole a «un'Europa a più velocità», come auspicato dalla Germania di Angela Merkel. In questo convoglio il nostro Paese si appresta a essere un vagone di coda.

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