Era il viaggio della loro vita e doveva essere perfetto: una settimana a New York, una rimpatriata, dopo trent'anni. I compagni di banco, di quegli anni bellissimi che dovevano tornare a galla durante il pazzo viaggio. Dalla città di Rosario, nel cuore dell'Argentina, alla Grande Mela. Insieme, come ai vecchi tempi per una settimana. Un sogno che ci ha messo un anno a prendere corpo. Di partire lo avevano deciso proprio quella sera dell'ultima riunione degli ex alunni dell'Istituto politecnico di Rosario; avrebbero festeggiato lì i 30 anni dal loro diploma, loro che insieme erano anche nella squadra di volley. L'attesa e finalmente la data che si avvicina. L'appuntamento all'aeroporto, via si parte, la pazza gioia. Un'organizzazione quasi maniacale, un anno di lavoro, a curare ogni dettaglio, come quella magliette, tutte uguali, che resta in una delle tante istantanee scattate all'aeroporto poco prima di prendere il volo con la scritta gigante: Libre. Liberi. Quante risate, quanti ricordi, il gruppo che riprende forma, che ritrova quella stessa sintonia, a darsi di gomito e ridere. Ridere di tutto, della vita, della fortuna di essere lì trent'anni dopo, con la voglia di prendersi in giro. Eccola la libertà, quella di saper essere ancora leggeri e orgogliosi di esserlo, al punto di stamparlo su una maglietta.
Martedì a New York c'era un sole caldo che era un peccato non approfittarne. Il gruppo aveva scelto la gita in bicicletta, come ragazzini, a Lower Manhattan vicino al World Trade Center. Proprio dove Sayfullo Saipov ha deciso di compiere la strage. Sono morti in cinque. Hernán Diego Mendoza, Diego Enrique Angelini, Alejandro Damián Pagnucco, Hernán Ferruchi e Ariel Erlij. Falciati dal camioncino del terrorista lanciato a tutta velocità sul vialetto alberato. «Sono sotto choc, tramortiti. Non possono credere a quel che è accaduto», ha raccontato il console argentino alle Nazioni Unite a proposito dei connazionali sopravvissuti. Maledetta realtà, maledetto destino a spazzare il sogno e la gioia. Come in ogni gruppo, c'era un leader, ed era Ariel Erlij, 48 anni, il più ricco dei compagni. La vita gli aveva regalato fortuna e successo, proprietario di Ivanar, fabbrica famosissima in Argentina che produce e commercializza prodotti siderurgici. L'imprenditore generoso, che aveva fatto stampare le magliette per tutti, pagato il viaggio e aiutato i compagni a pagare le spese del viaggio. La partenza era stata fissata per sabato scorso all'aeroporto di Rosario. Lui, per problemi di lavoro, all'ultimo minuto aveva dovuto rimandare di un giorno la partenza. Poi era corso a raggiungere il gruppo di amici con il suo aereo privato. Il tour aveva fatto tappa anche a Boston per andare a prendere Martin Marro, uno degli ex compagni.
Marro, ingegnere, che tra le lacrime ha raccontato: «ho sentito delle urla, delle grida disumane. Io ero davanti, mi sono voltato e i miei amici non c'erano più». Lui è ferito, ricoverato all'ospedale ma fuori pericolo.
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