Coronavirus

Faida dei tamponi, Crisanti si dimette

Zaia intercettato: "Lo schiantiamo". Lo scienziato lascia l'università: "Intimidazioni"

Faida dei tamponi, Crisanti si dimette

Il doge contro il virologo del Pd. La faida sui tamponi rapidi, tra Luca Zaia e Andrea Crisanti, che si trascina avanti dai tempi della pandemia, arriva alla resa dei conti finale. Un'intercettazione riapre le ostilità. E stavolta lo scontro diventa anche politico. Crisanti dal 25 settembre scorso è senatore del partito democratico.

A far riesplodere la bomba è il programma di Rai 3 Report che pubblica in esclusiva le intercettazioni del presidente Zaia su Crisanti in merito alla questione test rapidi svelando la strategia del governatore veneto per screditare il microbiologo: «È un anno che prendiamo la mira a questo stiamo per portarlo allo schianto», dice Zaia a un dirigente regionale. L'intercettazione è allegata al fascicolo dell'inchiesta avviata dalla Procura di Padova sulla maxi-commessa della Regione Veneto per i test rapidi tra il 2020 e il 2021. L'inchiesta partì dopo un esposto del virologo, convinto della non idoneità dei tamponi a scopo di screening, in quanto l'affidabilità sarebbe stata dal 70% e non del 90% come attestato dal produttore. Le accuse di Crisanti si basavano su uno studio da lui condotto che avrebbe attestato la non idoneità dei test antigenici rapidi. Lo studio del senatore del Pd finì nel mirino dei vertici della Regione Veneto che accusavano Crisanti di diffamazione. I magistrati scoprono che Roberto Rigoli, direttore della microbiologia di Treviso, non avrebbe svolto il compito di certificare l'idoneità dei test. A luglio la procura chiede il rinvio a giudizio per lui e per Patrizia Simonato, direttrice generale di Azienda Zero, centrale regionale degli acquisti. Il gip non ha ancora deciso. Agli atti ci sono anche le telefonate di Zaia. In quella del 14 maggio 2021 il governatore leghista mette nel mirino Crisanti. La pubblicazione delle intercettazioni scatena del senatore dem che si dimette anche dall'Università di Padova. In realtà era già in aspettativa dopo l'elezione in Parlamento: «L'università di Padova, come ho già detto, intrattiene tutta una serie di rapporti istituzionali con la Regione ed è chiaro che, avendo io ricoperto una posizione così importante e avendo allo stesso tempo, in questo momento, anche una posizione di carattere politico, non voglio creare una situazione di imbarazzo all'università. Perciò lascio, probabilmente da oggi», spiega Crisanti. Che poi usa toni infuocati sullo scontro con Zaia: «Dichiarazioni di una gravità senza precedenti. Lo inseguo fino alla fine del mondo per inchiodarlo su qualsiasi responsabilità che ha nei miei confronti. Questo regime di intimidazione in questa Regione deve finire».

«Evidentemente - rincara - se fosse stato preso sul serio lo studio che ho fatto e che poi è stato pubblicato su Nature, chiaramente avrebbero dovuto riflettere sugli ordini che stavano facendo e gli appalti per 200 e passa milioni di euro. Questi praticamente hanno accettato come giustificazione la dichiarazione di Rigoli (direttore della microbiologia di Treviso, incaricato di confermare l'idoneità clinico-scientifica dei tamponi, ndr) che non ha fatto nessuno studio, ed erano addirittura consapevoli che non l'aveva fatto».

Dall'entourage di Zaia si precisa: «Il cardine della strategia regionale è sempre stato l'individuazione precoce di tutti i possibili soggetti positivi al coronavirus anche asintomatici, per l'adozione tempestiva delle misure di sanità pubblica». La Regione Veneto tiene a ribadire la completa fiducia negli esperti che hanno lavorato fianco a fianco del governatore negli anni della pandemia. Il caso non è chiuso. Che forse lo scontro tra Zaia e Crisanti sia solo all'inizio.

E che preluda a una futura battaglia elettorale.

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