Nell'attesa, la falegnameria. Dopo il videomessaggio di sabato, con annesse coloriture sul corso di bricolage, la strategia di Alessandro Di Battista, forse per la prima volta, è basata sull'attendismo. L'uomo, raccontano alcuni dirigenti M5s, si sarebbe stancato di fare lo sparring partner di Luigi Di Maio, bis ministro e capo politico. A stargli stretto è il vestito di spalla mediatica, trascinatore di folle utile alla causa, al massimo da parcheggiare all'Europarlamento. Del resto Dibba è stato chiaro: «Io non ci voglio andare a Bruxelles, non voglio candidarmi». Dietro la scelta, però, non c'è soltanto la voglia di «scrivere» e di «conoscere il mondo». La partenza per l'India è già prevista per giugno, ma l'occhio dell'ex deputato, al momento, è tutto rivolto ai possibili inciampi dell'ex «gemello diverso» Luigi Di Maio.
Il ragionamento di alcuni pretoriani del leader di Pomigliano suona così: «Se alle Europee si va male, o si scende addirittura sotto il 20%, Di Battista potrebbe rimettersi in pista proponendosi come leader del Movimento». Le riflessioni preoccupate all'interno del cerchio magico continuano, con un'osservazione sul fatto che «Di Battista non è Fico, la Nugnes o la Fattori». Nel senso: Dibba potrebbe godere della benedizione diretta di Beppe Grillo e Davide Casaleggio, proprio perché furbescamente ha fatto da battitore libero, senza relegarsi a un ruolo di «dissidenza». Tra i possibili gradini dell'ancora ipotetica scalata, c'è n'è un altro, niente affatto trascurabile nelle dinamiche interne ai pentastellati. Di Battista è un uomo della Casaleggio Associati. Nel 2012, prima dell'entrata a Montecitorio, il Che Guevara di Roma Nord ha pubblicato un libro, Sicari a cinque euro, frutto di un viaggio in Centroamerica, edito da Adagio la casa editrice di Gianroberto Casaleggio. Ma non solo. Dibba, personaggio estraneo al Movimento romano, è stato cooptato e «allenato» a diventare una star mediatica dall'azienda del padre fondatore del M5s.
Tutto fa il paio con la crescente irritazione, non più nascosta, di Grillo nei confronti della moderazione di Di Maio, giudicato troppo subalterno al caterpillar Matteo Salvini. Agli osservatori più attenti, impegnati ieri a decriptare ogni significato del video di Di Battista, non è sfuggito il ragionamento polemico dell'ex deputato. E qualcuno nell'invettiva contro l'eccessiva «correttezza» di un Movimento che «non deve diventare troppo politicamente corretto» ha individuato un bersaglio nella grisaglia democristiana di Di Maio.
Così come la ripresa dell'attacco allo pseudo colonialismo francese e al Franco Cfa suona come una risposta alle polemiche interne che avrebbero portato al silenziamento del condottiero grillino e guevarista, sacrificato per scongiurare un precipitarsi dei rapporti già tesi tra il governo gialloverde ed Emmanuel Macron. Così Dibba studia e aspetta, anche perché per ristrutturare la casa del M5s potrebbe servire un buon falegname.
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