Falso in bilancio, la giravolta del premier

Annunciato il cambio della norma: cancellate le soglie di non punibilità

La raffica di provvedimenti «un po' di sinistra» annunciata dal premier serve forse anche ad addolcire la pillola per la minoranza e a deviare sulle cose concrete che il governo fa i riflettori puntati sulla Libia e sul dibattito intervento sì-intervento no, che è complicato affrontare ora.

In tutte le caserme, su molti monumenti e piazze, abbiamo lapidi che ricordano i nostri soldati caduti della Seconda guerra mondiale. Spesso c'è (...)

(...) una distinzione, «politica», fra quelli caduti dal 10 giugno 1940 all'8 settembre 1943 e quelli morti dopo; a volte invece gli elenchi sono divisi per fronti. Ne potete vedere un esempio sul piazzale della caserma Santa Barbara, a Milano, Reggimento artiglieria a cavallo. Lì davanti, ieri, un amico mi ha fatto notare un dettaglio: la maggior parte dei caduti era sotto le scritte Fronte ucraino e Fronte libico.

In mancanza di ferro, veniva da toccare marmo, al pensiero immediato che ancora oggi - più di settant'anni dopo - si combatte sia sul fronte ucraino sia sul fronte libico. Sul primo noi non ci siamo, ancora, sul secondo ci saremo presto. Come se, in realtà, la guerra non fosse mai finita.

Senza tirare in ballo i corsi e i ricorsi storici, viene subito voglia di ripetere la frase di Benedetto XV quando definì la Prima guerra mondiale «l'inutile strage». Ma proprio in questi giorni Ernesto Galli della Loggia ha ricordato che inutile non fu, avendo prodotto l'immediato disgregarsi dell'impero austroungarico e dell'impero ottomano, la nascita di nazioni e - per limitarsi a noi - il completamento dell'unità italiana. Né di certo è stata inutile l'orribile strage della Seconda guerra mondiale, se ha permesso di sradicare dal mondo l'altrettanto orribile minaccia hitleriana, di fermare l'imperialismo giapponese, di far crollare il fascismo. E però l'occhio si blocca su quei nomi e quelle date, Ucraina 1941-1943, Libia 1940-1943, luoghi e epoche lontani, eppure ancora presenti come una minaccia nelle nostre vite.

Dei 230.000 militari partiti verso le steppe sovietiche, dall'agosto del 1941, ne perdemmo la metà, fra morti e dispersi, in buona parte proprio dove oggi si cerca di portare la pace. Il disastro della tragica ritirata italiana dopo la battaglia del Don, verso l'Ucraina, è forse l'episodio più tragico della nostra guerra, una sorta di Caporetto. E un'altra Caporetto avvenne in Nordafrica, quando dopo essere stati vicini a conquistarlo tutto, italiani e tedeschi si trovarono schiacciati fra americani e inglesi, costretti alla resa per non essere distrutti, buttati in mare.

Il mare. La Libia. Quella che prima era lo Scatolone di sabbia, e poi era diventata la Quarta sponda, infine un deserto di sangue, torna nei nostri incubi. Per una nemesi storica, le decine di migliaia di coloni italiani portati festosamente da Italo Balbo a popolare il deserto, tornano oggi - sotto l'aspetto di decine di migliaia di africani disperati - sulla rotta inversa, a ripopolare l'Italia. E noi stiamo di nuovo scaldando i motori degli aerei da combattimento.

Certo, sono vicende diverse, che nascono da cause diverse.

Ma la storia serve proprio a farci riflettere sull'oggi e sul domani, ripensando al passato. E, ripensando a passato, paragonandolo al presente, ecco un altro brivido. Mussolini voleva «spezzare le reni alla Grecia» e non ci riuscì. Riuscirà la Grecia a spezzare le reni all'Europa?

@GBGuerri

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica