Accuse vecchie, e soprattutto in buona parte ritrattate. Ha buon gioco Giorgia Meloni a evocare la macchina del fango a proposito delle rivelazioni contro di lei di un pentito pontino, Agostino Riccardo, riportate da Repubblica sabato senza ascoltare che cosa avesse da dire in merito la leader di Fdi - e ribadite ancora ieri dal quotidiano. Il problema è che buona parte di quel che ha messo a verbale il pentito, appartenente al clan Travali di Latina, considerato mafioso dalla Dda, è stato poi «corretto» dallo stesso Riccardo in un successivo verbale. Il primo interrogatorio è del 28 settembre 2018, e lì Riccardo sostiene di aver conosciuto Giorgia Meloni durante la campagna elettorale del 2013, e che l'esponente politica in persona dette il via libera, su richiesta dell'ex parlamentare Fdi Maietta (poi coinvolto nelle indagini sui clan ed espulso dal partito), affinché Riccardo e gli altri ragazzi del clan presenti quel giorno e in quel luogo venissero pagati per i servizi resi, ossia lavori di attacchinaggio di manifesti e procacciamento di voti. Pagamento ordinato dalla leader e poi avvenuto con la consegna da parte del «segretario» della Meloni di 35mila euro nascoste in una busta del pane in un distributore di benzina dell'Eur, a Roma. Questa la bomba sparata sabato da Repubblica e che ha fatto andare la Meloni su tutte le furie per quella che ha definito una «notizia falsa» mirata solo ad attaccare lei e il suo partito, unico rimasto all'opposizione.
Ieri, però, il quotidiano pontino Latina Oggi in un articolo dedicato alla questione racconta la correzione di tiro di quello che definisce un «pentito a orologeria», rivelando che Riccardo in un altro verbale, risalente al 7 dicembre dello stesso anno, cambiò versione e non di poco. Ricostruzione che in serata Repubblica smentisce, tornando ad accusare la leader Fdi.
«Voglio precisare una cosa», spiega il pentito al pm Barbara Zuin che lo sta interrogando. «Ho riferito prosegue - del pagamento di 35.000 euro che ho ricevuto da un signore per la campagna elettorale del 2013 in favore di Pasquale Maietta. Ho ricordato che prima di ricevere i soldi, vi era stata la presentazione da parte della Meloni di Maietta quale candidato, avvenuta presso il centro commerciale Latina Fiori. Noi eravamo presenti, ma ovviamente in disparte. C'era molta gente, diversi esponenti politici e diverse persone dello staff della Meloni. Tra queste era presente l'uomo che mi ha consegnato i 35mila euro all'Eur». Insomma, la Meloni «presenta» Maietta in un comizio, e nessuno presenta la delegazione del clan alla Meloni, visto che Riccardo e gli altri restano «ovviamente in disparte», e sparisce anche l'«ordine di pagamento» diretto dalla leader di Fdi. Che, infatti, ieri ha subito rimarcato la marcia indietro del pentito del quale Repubblica non si era accorta, con un piccato post. «Guarda un po' cosa riporta il quotidiano Latina Oggi», scrive la presidente di Fdi: «L'attendibilissimo pentito dello scoop di Repubblica aveva rettificato le accuse nei confronti miei e di Fdi già molto tempo fa.
È negli stessi atti utilizzati da Repubblica per gettare fango su di noi, ma evidentemente quella parte dei verbali non era piaciuta a chi doveva costruire accuse fondate sul nulla per attaccare l'unica forza di opposizione della Nazione». «Che sorta di giornalismo è questo?», conclude la Meloni, «Nessuno si vergogna per questo squallore?».
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