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Fanno i "frugali", poi si abbuffano di sconti

Una volta avevamo i Fab Four, ora ci ritroviamo i Frugal Four, che nel frattempo sono diventati cinque ma la battuta ormai era scritta

Fanno i "frugali", poi si abbuffano di sconti

Una volta avevamo i Fab Four, ora ci ritroviamo i Frugal Four, che nel frattempo sono diventati cinque ma la battuta ormai era scritta. I favolosi quattro di Liverpool, causa Brexit, hanno lasciato il posto ai paesi frugali dell'Ue. Anziché i Beatles, beccatevi Rutte! Ma perché mai quelli che mangiano in modo sobrio sono arrabbiati con noi? È la domanda che si sono fatti in questi giorni gli italiani, giustamente non esperti dei labirintici meccanismi comunitari, ma bombardati dai media sulla semantica di questa parola un po' desueta. Il destino è racchiuso nei segni. Solo che il segno inglese «frugal» vuol dire parco, sobrio, moderato in assoluto. Il termine italiano vuol dire invece sobrio soprattutto nel cibo. Noi in effetti siamo in sovrappeso, in senso materiale e per quanto riguarda il debito pubblico. Ma senza una piccola spiegazione, nel flusso semiotico incessante dell'Infosfera contemporanea, come la intende Floridi, rischiavamo di non capire perché gli olandesi in primis, e poi i danesi, gli svedesi, gli austriaci e da ultimo anche i finlandesi, ce l'avessero così tanto con noi. Il motivo è puramente economico. E allora perché paesi che non sono comunque potenze industriali paragonabili alla nostra, la tirano tanto alle lunghe? Per un motivo formale, ovvero la necessità dell'unanimità per le decisioni sui prestiti a livello europeo, e per un motivo di semantica politica, per stare alla lettura linguistico-retorica del Discorso pubblico della Ue. Uscita l'Inghilterra, e scemato il peso dei populisti di Visegrad, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e soprattutto l'Ungheria di Orban, la contrapposizione non è più fra Nord e Sud, fra paesi poveri e paesi ricchi. Ora da un lato c'è chi è virtuoso, non fa il passo più lungo della gamba, non vive di promesse, e dall'altro ci sono gli spendaccioni, quelli che annunciano riforme e non le fanno, che non tagliano la spesa pubblica, che fanno bonus e regali ma non rilanci strutturali. Noi siamo di diritto leader del secondo gruppo, quindi inutile scomodare antipatie antropologiche o il calcio totale di Cruijff contro quello uomo a uomo di Gentile con pezzi della maglie degli avversari strappate. Conte al fischio finale è tornato all'angolo del ring stremato ma vincente, secondo narrazione casaliniana. Però, ad essere onesti e senza tirare le pietre sempre nello stesso punto , il premier porta a casa un bel gruzzolo, più di 200 miliardi. Saranno spesi bene o male, in modo «frugale» o a capocchia assistenziale come con il reddito di cittadinanza, lo vedremo. Però per ora è un successo. Grazie anche alle manine di Francia e Germania. Lontani i tempi degli sghignazzi alle spalle di Berlusconi, quando nel 2011 il Cav doveva essere sacrificato sull'altare dello spread. C'è ancora Frau Merkel, invece al posto del muscolare Sarkozy c'è il più efebico Macron. I poteri forti europei hanno deciso che l'Italia deve vivere o almeno provare a sopravvivere. Da oggi in poi comunque guai a sottovalutare i rivoli profondi del potere di Giuseppi. E i Frugal Four-Five? Frugali sì, ma mica scemi. Hanno ottenuto per il via libera al Recovery Fund sconti tutt'altro che frugali sui loro debiti pubblici.

A noi non rimane che sperare di avere abbastanza cibo sociale per le prossime generazioni.

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