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La farsa delle privatizzazioni. Il premier le rimanda ancora

Ennesimo annuncio di Renzi sulla privatizzazione di Eni, Fs e Poste: "Ma ora il mercato è sfavorevole"

La farsa delle privatizzazioni. Il premier le rimanda ancora

Matteo Renzi vuole mandare a casa i «fannulloni», anche se dipendenti pubblici. Il presidente del Consiglio lo ribadisce nella conferenza stampa di fine anno. Insieme a nuovi annunci sulle privatizzazioni; alla previsione che la crisi greca non si estenderà all'Italia («escludo il contagio»); ed alla necessità di rivedere i «paradigmi europei».

JOBS ACT

Renzi si vanta di aver cancellato di sua mano la norma dei decreti delegati sulla riforma del lavoro che escludevano i lavoratori pubblici dalla riforma. E per paura di non essere stato abbastanza chiaro in conferenza stampa, nel primo pomeriggio una nota della Presidenza del Consiglio precisa: «Nel documento originale arrivato al Consiglio dei ministri era riportato che la normativa del Jobs Act non si sarebbe applicata ai dipendenti statali. Il presidente del Consiglio - prosegue il comunicato di Palazzo Chigi - ha chiesto di eliminare quel riferimento ritenendo più opportuno e congruo che il tema degli statali venisse discusso nell'ambito del decreto Madia sulla Pubblica amministrazione».

Ne riparleremo - commenta il premier - tra febbraio e marzo. Comunque, «io penso che chi lavora bene dev'essere premiato e chi non lavora dev'essere punito». Ed i «fannulloni devono essere messi nelle condizioni di essere mandati a casa».

Ed esclude che ciò possa avvenire con una riforma delle pensioni; magari in grado di favorire il prepensionamento per «chi si fa timbrare il cartellino».

PRIVATIZZAZIONI

Il presidente del Consiglio, poi, ripete l'annuncio della privatizzazione delle Poste (il cui gettito è stato contabilizzato per il secondo anno consecutivo a riduzione del debito) «e stiamo lavorando sul futuro di Ferrovie». E per giustificare i ritardi, osserva: «Intervenire quando il mercato non lo consente è una svendita». Poi, però, si dice favorevolmente sorpreso del flusso di capitali esteri che sono interessati a fare affari in Italia.

E già che c'è mette fra le privatizzazioni anche la vendita di AnsaldoBreda (gruppo Finmeccanica) ai cinesi di Insigma od ai giapponesi di Hitachi.

In realtà, la vendita di AnsaldoBreda non è classificabile come una privatizzazione: i proventi andranno a ridurre il debito di Finmeccanica e non quello della Repubblica italiana.

STAGNAZIONE

Renzi non la nasconde, ma sottolinea come nell'ultimo anno si sia ridotto il calo della crescita: dal -2% di due anni fa, al meno 1,6% dell'anno scorso, al -0,4% di quest'anno. «Il differenziale con gli altri paesi si è ridotto», sottolinea. E prova a giustificare la circostanza che gli «80 euro» non abbiano avuto impatto sui consumi (e, quindi, sull'andamento del Pil). Quella misura - dice - «la rifarei per tutta la vita. E li aumenterei pure». Eppoi, argomenta che il bonus non è stato fatto «per l'economia ma per giustizia sociale».

In tale ottica, il presidente del Consiglio inserisce la scelta di rinviare la «local tax» al 2016. «Non partirà il prossimo anno, avrebbe creato confusione». E spiega che «in un Paese normale si paga una volta all'anno», a fronte dei mille appuntamenti tributari dei contribuenti italiani. E per restare in tema, commenta: «Sul Fisco dovremmo passare da un'Agenzia delle entrate nemica dei cittadini ad un'agenzia partner dei cittadini». Micro polemica a distanza con l'ex commissario alla spending review. «Confermiamo gli obbiettivi dati. Vale a dire, ridurre la spesa di due punti in tre anni». E ripete l'intenzione di ridurre il numero delle municipalizzate.

EUROPA

Renzi ribadisce la richiesta italiana di scomputare dal calcolo del deficit la spesa per investimenti. «Vedremo se la richiesta verrà accolta. Lo scopriremo solo vivendo...». In più, pur non pronunciando mai la parola «trattati», ripete la sua intenzione di far cambiare verso all'Europa. Ed utilizza il termine paradigma.

«È il paradigma europeo che deve cambiare».

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