Economia e finanza

La Fed aumenta ancora i tassi. Oggi sarà il turno della Bce

La banca centrale Usa alza il costo del denaro dello 0,25% e tiene le carte coperte sul futuro: "Inflazione alta"

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Alla Federal Reserve la ricreazione è già finita. Dopo aver messo in pausa la politica monetaria, poco più di in mese fa, ai piani alti di Eccles Building è suonata la campanella che ha riportato in aula falchi e colombe. Tutti d'accordo col presidente Jerome Powell: non è ancora tempo di tenere il piede staccato dall'acceleratore di tassi. Così, ecco scodellato ieri l'undicesimo rialzo in 12 mesi da un quarto di punto che porta il costo del denaro a stelle e strisce al 5,25%-5,5%, un livello superiore al ciclo restrittivo del 2006-2008. Ma, soprattutto, la Fed lascia le carte coperte sulle mosse future: «Continueremo ad adottare un approccio dipendente dai dati. Decideremo riunione per riunione. È possibile un aumento a settembre se i dati lo richiederanno, ma è possibile anche un break», ha detto Powell. In ogni caso, «non taglieremo i tassi quest'anno». Gli analisti attribuiscono il 50% di possibilità di un giro di vite anche in settembre. Cruciale sarà il consueto appuntamento di Jackson Hole, in Wyoming, a fine agosto.

Benché sia calata in un anno dal 9,1 al 3%, l'inflazione viene giudicata ancora troppo elevata nella parte core, quella al netto di cibo ed energia (al 4,8%). «Il processo per riportare l'inflazione al 2% è ancora lungo», ha spiegato il successore di Janet Yellen. A incidere sull'ennesima stretta, anche un mercato del lavoro considerato «teso» e il fatto che lo staff della Fed non prevede più una recessione quest'anno.

Christine Lagarde, che ha il Bostick a saldare la sua scarpa griffata al pedale degli inasprimenti, non poteva ricevere assist migliore in vista della riunione di oggi della Bce. Per l'ala dura, la retromarcia della Fed è infatti la prova provata che con l'inflazione ancora a piede libero la prudenza non è mai troppa. Ergo, ennesimo giro di vite dello 0,25% e tassi al 4,25%, un livello con cui sarà replicato il record del luglio 2007.

Ma l'Eurotower potrebbe non aver ancora finito il lavoro. Ecco perché i mercati soppeseranno parole, virgole e punti e virgola dell'odierna conferenza stampa di Madame Bce. Per capire se dalle parti di Francoforte esista la possibilità di tirare i remi in barca in settembre, per poi vedere come butta con l'arrivo dell'autunno. Non sono pochi coloro che, da tempo, sollecitano l'istituto centrale a tirare i remi in barca. Voci contro la raffica di rialzi si sono levate dal governo italiano («Ricetta semplicistica», secondo la premier Giorgia Meloni), dal prossimo governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, dalla Grecia e dal Portogallo. Peraltro, anche un duro come Klaas Knot, governatore della banca dell'Olanda, ha manifestato qualche perplessità su un nuovo aumento in occasione della prossima riunione.

Il problema è uno solo: se i falchi continueranno a guardare in modo ossessivo l'inflazione di fondo, che fatica a ridimensionarsi (è al 6,8%), lo spazio per deviare dal corso di politica monetaria è ristretto, se non inesistente. Anche se la rigidità degli ultimi mesi ha finito per terremotare mutui e prestiti; anche se gli ultimi indicatori macroeconomici segnalano lo scivolamento dell'eurozona nella recessione nel quarto trimestre del 2023. Un cambio di rotta potrebbe verificarsi, però, in caso di accelerazione del processo di deterioramento congiunturale. Cioè se alla già conclamata contrazione dell'industria, si unisse anche la caduta dei servizi, il settore che finora più di tutti ha tenuto in termini di posti di lavoro.

E siccome è proprio lì che l'inflazione tende a calare in ritardo rispetto agli comparti di attività, la Bce non avrebbe più scuse per continuare a far la faccia feroce.

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