Alessandra Ghisleri con la sua Euromedia Research sonda quotidianamente gli umori degli italiani sui più svariati argomenti. Ma il principio base è sempre lo stesso: la gente, per formarsi un'opinione su qualcosa, deve prima comprenderla. E per il momento la federazione di centrodestra, o il partito unico del centrodestra, non è ancora qualcosa di chiaro. «È come chiedere: ti piace un vestito bianco? Dipende da come è fatto, quale tessuto, quale taglio. Ecco, dalle nostre analisi emerge la necessità da parte degli elettori di capire quale sia l'idea alla base di questo progetto».
Ghisleri, quindi una federazione non dispiace al popolo di centrodestra, però non ha ancora capito di cosa si tratti.
«Esatto, gli elettori non sono pronti perché non sanno di cosa si sta parlando. Lo saranno quando ci saranno i contenuti, ma è chiaro che è ancora tutto da costruire, non si può pensare ad una somma tra partiti diversi. Servono un progetto e un fine comuni».
Pensa che sia complicata la strada per un partito unico di centrodestra?
«Se si fa una operazione di palazzo è semplice, ma non è più il tempo per operazioni di palazzo. Deve essere una operazione politica. Berlusconi guarda avanti più velocemente di molti altri e ha dato questa indicazione per il futuro del centrodestra che potrebbe essere buona se permetterà alle persone di riconoscersi nei propri valori. Oggi la federazione o il partito unico possono dare l'idea agli elettori di un libero spazio in cui agire e in cui ritrovarsi. Ma ripeto, se deve essere una operazione politica è importante fare arrivare un messaggio chiaro ai tuoi elettori».
Che sono molto diversi, tra Lega, Fi e Fdi.
«Totalmente diversi, hanno esigenze diverse, ma soprattutto storie diverse. Sì è vero, c'è una parte che è più mobile e si sposta tra i tre partiti. Però è una parte minoritaria. Se uno guarda a bocce ferme il centrodestra attuale vede il vicepresidente di Fi che è ai vertici del Ppe e dall'altra parte la Lega che sta con Orbàn e poi la Meloni che è l'anima critica del governo Draghi di cui fanno parte Salvini e Berlusconi. Far quagliare tutte le posizioni non sarà un lavoro facile».
A proposito della Meloni, si dice che Salvini si sia convinto della federazione con Forza Italia proprio perché sente il fiato sul collo di Fdi, ormai quasi appaiato nei sondaggi.
«La Meloni sta crescendo molto anche perché oltre alla grande attenzione sul territorio, ha il vantaggio di stare all'opposizione, che paga più rapidamente nei sondaggi. Salvini, come anche Berlusconi, hanno fatto invece un investimento a lungo termine sul governo Draghi. Se il governo riesce nei suoi obiettivi, tutti se ne possono avvantaggiare. Se si ha la possibilità di influenzare il governo si ha anche maggiore opportunità per poter riscuotere un consenso più ampio quando l'azione di governo ha successo».
Si ritornerà al bipolarismo centrodestra-centrosinistra?
«Sarà interessante vedere cosa faranno gli elettori dei 5 Stelle nei ballottaggi delle amministrative dopo l'estate. Se si schiereranno con il Pd, per molti versi sua base politica naturale, oppure se qualcosa o qualcuno riuscirà ad attrarli verso il centrodestra».
Che idea si è fatta della guerra in corso nel M5S?
«I loro elettori sono i primi a interrogarsi su quel che sta succedendo e sul futuro del M5s. Teniamo presente che il Movimento ha ancora un buon riscontro, marcia attorno al 15-17%, quindi non è affatto un partito in via di estinzione, gli elettori ci sono».
Ma Grillo e Conte sono allo scontro finale.
«Conte ha ancora un riscontro politico importante, dettato dalla fiducia che raccoglieva come premier. Oggi deve dimostrare di essere all'altezza di governare un partito. Sono due impegni diversi. Come presidente del Consiglio durante la pandemia non aveva l'obiettivo di raccogliere consensi per un partito, se oggi si dovesse impegnare come leader del M5s sì. Grillo è il fondatore, insieme a Casaleggio del movimento; ha realizzato uno di quei sogni che è impossibile cancellare con un colpo di spugna una volta che lo hai venduto alla popolazione».
Ma una lista di Conte avrebbe speranze o rischierebbe il flop, tipo lista Monti?
«L'avevamo testata nel 2020, era sempre tra il 2-5%, all'inizio del 2021 una sua ipotetica lista era arrivata a proiettare un 9.0/10.0%. Conte riscuote un maggiore successo come leader dei Cinque stelle come possibile innovatore offrendo un senso di trasformazione e aggiornamento del M5s».
E Draghi?
«Lui ha una popolarità molto alta, sfiora il 60%, dieci punti sopra l'indice di fiducia che riscuote il suo governo.
Draghi racchiude oggi le speranze degli italiani. La sua competenza, la sua capacità di relazioni internazionali, la sua esperienza hanno convinto, la sua modalità asciutta di comunicare piace molto, gli italiani hanno riposto in lui la fiducia per poter ripartire».
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