diParigi «Chi non ama Donatella?» risponde Riccardo Tisci alla legittima domanda: cosa ci fa il direttore artistico di Givenchy in prima fila alla sfilata di Versace Atelier insieme con Alexander Wang, Antony Vaccarello e Brian Atwood, ovvero un poker d'assi stilistico di tutto rispetto? Accanto a loro siede Rita Ora con un miniabito arancione pieno di tagli e aperture strategiche sul corpo nudo, uno dei temi ricorrenti di questa Atletic couture che la bionda signora del made in Italy dedica alla forza fisica e mentale delle donne. Non per nulla la colonna sonora dello show è stata appositamente scritta da Violet, la dj e producer portoghese che ha composto l'inno dell'otto marzo. Certo in passerella ci sono le più belle ragazze del mondo: da Gigi Hadid a Lara Stone passando per Joan Smalls, Natasha Poly e Mariacarla Boscono. Con simili top a disposizione ci si potrebbe pure permettere di sbagliare qualche taglio o proporzione cosa che invece Donatella non fa in preda alla magnifica ossessione di celebrare l'anima femminile attraverso il corpo. Il risultato in certi casi è stupefacente per via delle evanescenti reti di silicone che abbracciano le curve svelandole e contenendole allo stesso tempo: una costruzione mai vista prima d'ora. Le forme sono quanto di più versaciano si possa immaginare: ampie porzioni di pelle rivelata tra sapienti drappeggi e fantasmagorici ricami. Per questi ultimi nell'atelier Versace hanno usato di tutto: micropaillette quadrate da due millimetri l'una attaccate a profusione dappertutto, tubolari di cristalli ingabbiati nella rete di silicone, innumerevoli fili lavorati all'uncinetto, il più fine che si possa immaginare. Difficilissimi ma sensazionali i pantaloni da sci con tanto di staffa bianchi come le giacche letteralmente scolpite addosso con bretelle, spallacci e imbragature entre deux nei toni forti di questa collezione: giallo, arancio e azzurro lattiginoso. Gli applausi degli amici stilisti si sprecano, quelli del pubblico pure, ma il più entusiasta è un miliardario di Hong Kong che sfoggia un visone intarsiato bianco e nero della maison e nel backstage chiede a gran voce una couture maschile made by Donatella. La prima sfilata di Dior senza Raf Simons è strana oltre ogni dire: vestiti molto belli addosso a donne apparentemente spettinate e struccate, 51 malmostose che non sorridono neanche a morire. Lo show si svolge dentro un gigantesco parallelepipedo di specchi innalzato nel giardino del Museo Rodin e nel finale escono in sette a raccogliere gli applausi, l'intero studio stilistico della maison capitanato dai due coordinatori che si chiamano Serge Ruffieux e Lucie Meier. Manca senza dubbio una voce forte e chiara che dica questo sì, questo no. Ma non si può dire che manchino le proposte interessanti soprattutto nelle prime uscite con le magnifiche giacche in cui si mescolano i tagli da corsetto settecentesco sopra e lo storico modello Bar dalla vita in giù. Meno riusciti del solito gli abiti da sera e assenti ingiustificati i pantaloni su cui Simons ha costruito parte della sua leggenda. Resta comunque da capire chi raccoglierà il suo scettro perchè uno studio da solo non basta per un marchio di questa portata.
Mentre Parigi s'infiamma per la couture Miu Miu presenta una gran bella precollezione Automne con spettacolari cappotti doppiopetto e grande martingala, tailleur knickerboker poco donanti ma molto divertenti, abiti in pizzo di lana dai seducenti colori vittoriani e una serie di scarpe per non parlare delle borsette desiderabili come non mai. Tutto molto borghese e vagamente ribelle, con un retrogusto indeciso tra Francia e Inghilterra. Insomma siamo sempre a Belle de Jour?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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