Ma fermare l'atomica è una corsa a ostacoli

Ma fermare l'atomica è una corsa a ostacoli

L'incontro intercoreano di oggi rappresenta il prologo indispensabile di quello assai più atteso e «storico» (ma quanto si abusa di questo aggettivo!) previsto per il prossimo giugno tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il leader del regime nordcoreano Kim Jong-un. Se il primo non porterà frutti, in altre parole, il secondo non avrà senso.

Kim e il suo collega del Sud Moon Jae-in non potrebbero rappresentare mondi più diversi, ma hanno degli interessi politici in comune. E il principale interesse dei politici di tutto il mondo è, al di là della retorica sui valori, il mantenimento del potere. Kim ha puntato tutte le sue carte sul ricatto nucleare, ma ha trovato sulla sua strada un osso duro - anche se privo di esperienza politica internazionale - come Trump, che lo ha costretto a modificare la sua strategia accettando un compromesso con Washington; Moon si è fatto eleggere presidente con la promessa di evitare che le tensioni tra le due Coree scatenino un conflitto, e la sua parola d'ordine è «compromesso con il Nord per avere la pace».

Se è vero che i due leader coreani condividono la necessità di un compromesso, è altrettanto vero che il percorso per conseguirlo è a dir poco tortuoso. L'ostacolo principale è l'arsenale nucleare messo insieme dal Nord, che rappresenta né più né meno l'assicurazione sulla vita del giovane dittatore: il presidente Moon pensa, proprio come il suo alleato Trump, che la sua eliminazione sia una premessa indispensabile per un dialogo che porti a relazioni normali tra le due Coree e tra quella del Nord e il resto del mondo. Non è difficile comprendere che Kim non potrà privarsi della sua polizza sulla vita a meno di garanzie molto forti da parte americana sulla sopravvivenza sua e del suo regime. Ma è altrettanto evidente che nessuna garanzia potrà avere la stessa efficacia dello status di potenza nucleare. In altre parole, non sembra il caso di farsi troppe illusioni sull'esito finale di questi summit dedicati alla crisi coreana: al di là del clima promettente che si sta vivendo, Kim potrebbe decidere in qualsiasi momento che gli conviene tornare ad arroccarsi nel suo fortino irto di missili. Consapevole che Trump non può scatenare la terza guerra mondiale per liberarsi di lui.

Il vertice di oggi a Panmunjom, comunque, rappresenta per il momento un ottimo risultato.

È probabile che Kim e Moon si intenderanno su un compromesso almeno a parole: a loro certamente interessa che il clima tra le due Coree si distenda, poi lasceranno la patata bollente nelle mani di Trump, che è obbligato a tener conto anche delle ricadute al di fuori della penisola. Che se la prenda lui, semmai, la responsabilità di mandare tutto all'aria, un modo per tirare avanti si troverà.

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