Fermato per il blitz con l'acido «Complice di Alex e Martina»

Spunta il terzo uomo nella vicenda del ragazzo assalito dalla coppia Confessa: «L'ho fatto per amicizia, pensavo che fosse uno scherzo»

Fermato per il blitz con l'acido «Complice di Alex e Martina»

Milano «È vero, ero lì con loro. L'ho fatto per amicizia». È notte fonda quando davanti al procuratore aggiunto Alberto Nobili prende forma la confessione che aggiunge un altro tassello alla folle e terribile storia della coppia di ragazzi della Milano bene che aggredivano le loro vittime con l'acido muriatico. Coppia che non è più una coppia ma un terzetto, dopo la confessione di Andrea Magnani, amico del cuore e di palestra di Alex Boettcher. C'erano lui, Alex e Martina Levato, la sera del 28 dicembre a rovinare per sempre l'ultima vittima, Pietro Barbini. Un delitto senza senso, come gli altri due attribuiti alla coppia. E ancora più sconcertante, ancora più incongruo rispetto alla atrocità dei delitti commessi, è il ruolo che il nuovo arrestato vi ha accettato di svolgere.

Perché lui, il bancario trentaduenne Magnani, le vittime nemmeno le conosceva. Non aveva partecipato al vortice di accuse, di sesso incrociato, di gelosie che aveva travolto Alex, Martina e Pietro. Eppure c'era anche lui, in via Giulio Carcano, quando i due fidanzati diabolici hanno aspettato per strada Barbini. Di più: era stato lui a attirarlo in trappola, era lui l'uomo «con una leggera erre moscia» - di cui Martina si era ostinatamente rifiutata di fare il nome - che il giorno di Santo Stefano chiama Barbini da un internet point, indossando una parrucca che gli aveva fornito Boettcher, dicendo di volergli consegnare un pacco, e che all'indomani gli dà appuntamento sul luogo scelto per aggredirlo. È lui a accompagnare con la sua auto i due sciagurati. Ed è a casa sua che si rifugia alla fine Martina.

Lo hanno individuato un passo per volta, gli investigatori della Mobile coordinati dal dottor Nobili e dal pm Marcello Musso. Quando sono arrivati alla certezza di poterlo incastrare, hanno bussato alla sua porta e dopo avergli perquisito la casa lo hanno portato in ufficio per torchiarlo. Non è stato difficile. Difficile capire quel che è avvenuto dopo, quando dopo avere confessato tutto, dopo avere confermato tutta la ricostruzione dell'agguato, Magnani ha dovuto rispondere alla domanda cruciale: perché? Perché lo hai fatto, perché ti sei fatto inghiottire anche tu da questo gorgo di follia? «Per amicizia». E poi, quasi per metterci una pezza: «Non pensavo che sarebbe andata a finire così. Pensavo che fosse solo uno scherzo».

Uno scherzo, sì: uno scherzo da cui la vittima non si riprenderà mai più, rovinato nel corpo e nell'anima. Adesso sia Alex che Martina cercano di limitare i danni chiedendo di essere sottoposti a perizia psichiatrica. Ma per Magnani, il nuovo arrestato, che del matto non ha nulla, questa scappatoia dall'accusa di lesioni personali gravissime non c'è. E a rendere inverosimile che non sapesse cosa sarebbe accaduto in via Carcano è un dato semplice: non era la prima volta che i due fidanzati colpivano. In novembre, in via Quinto Cagnino, avevano rovinato Stefano Savi, forse aggredito per errore a causa della sua somiglianza con la vittima successiva Giuliano Carparelli, che qualche settimana dopo, in via Nino Bixio, riesce a salvarsi dall'agguato. Magnani sapeva di entrambi i casi, e dell'agguato a Carparelli - anche lui attirato in trappola con la stessa scusa di Barbini, «c'è un pacco per lei» - era stato probabilmente complice.

Insomma, era lui il terzo membro di questa squadra di vendicatori di torti immaginari.

Lo hanno bloccato nella notte di ieri, questa mattina comparirà davanti al giudice per la convalida del fermo. E poi via verso il processo, insieme ad Alex e Martina, e a una città che a volte sembra rendere pazzi.

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