Lo shutdown da ieri fa un po' meno paura. Il passo in avanti del Senato statunitense verso un accordo per porre fine alla chiusura delle attività federali, iniziata il 1° ottobre, ha messo le ali alle Borse. Ieri sia Wall Street che le Borse europee hanno messo a segno considerevoli rialzi con Piazza Affari che ha chiuso in ascesa del +2,28% a 43.896 punti. Gli investitori hanno tirano un iniziale sospiro di sollievo in quanto il compromesso trovato domenica sera dovrebbe scongiurare il prolungarsi ulteriore dello shutdown che inevitabilmente si farà sentire sull'economia a stelle e strisce; il Congressional Budget Office stima costi circa 15 miliardi di dollari a settimana, con un impatto sul Pil del quarto trimestre pari a 1,5 punti percentuali. Il focus rimane sulle prossime mosse della Federal Reserve poiché la mancanza di dati economici rende molto difficile capire l'indirizzo che avrà la banca centrale; ad oggi gli operatori stimano una probabilità del 60% di un taglio di 25 punti base a dicembre. "La prospettiva di una riapertura spinge gli investitori a prezzare una maggiore stabilità fiscale e a ridurre l'incertezza per la Fed, rimasta priva di dati ufficiali durante la chiusura", asserisce Gabriel Debach, market analyst di eToro.
Il ritorno dell'appetito per il rischio ha ridato vigore in primis al settore tecnologico statunitense (oltre +2% il Nasdaq) che la settimana scorsa era stato vittima del peggiore calo da aprile e Nvidia aveva visto andare in fumo 500 miliardi in poche sedute. Proprio il gigante dei chip IA ha guidato la riscossa arrivando a guadagnare oltre il 4% così come Amd, nonostante i riscontri in chiaroscuro della taiwanese Tsmc che a ottobre ha riportato una crescita dei ricavi al ritmo più basso degli ultimi 18 mesi. Intanto, gli analisti di Ubs hanno alzato l'asticella sull'S&P 500, visto a 7.500 punti entro fine 2026 (attualmente viaggia in area 6.800) ritenendo che il prossimo anno la crescita dei profitti sarà ancora forte (+14,4%) in virtù soprattutto del settore tech.
In Piazza Affari a fare la voce grossa sono state le banche con Mps (+5,5%) che ha incassato diverse promozioni dagli analisti a seguito della trimestrale oltre le attese e dell'effetto dividendi; la banca senese si prepara ad eliminare il vincolo dello statuto che impone di destinare a una speciale riserva statutaria almeno il 25% degli utili. In spolvero anche Bpm (+4,7%), Bper (+4,4%), Mediobanca (+4,4%), Unicredit (+4,1%) e Intesa Sanpaolo (+3,5%).