Il disorientamento cresce tra gli azzurri, perché l'accordo con Matteo Salvini ancora non c'è e anche la prospettiva di andare al voto in autunno non sembra più così chiara, dopo l'ultimo colpo di scena del Capitano in Senato.
Proprio a Palazzo Madama i parlamentari di Forza Italia si trovano più sottoposti a pressioni opposte. Perché ora più che mai emergono le due anime del partito, quella filoleghista e quella moderata, l'una affascinata dall'idea di resuscitare il centrodestra e tornare al governo con Salvini premier, l'altra corteggiata dai renziani, che arrivano a promettere ministeri e sottosegretariati in un possibile esecutivo Pd-M5S.
Da Silvio Berlusconi non è venuta una parola definitiva, visto che è saltato l'incontro determinante con Salvini a Palazzo Grazioli, per avere le garanzie necessarie prima di appoggiare la sua linea e ora si attende nell'incertezza la data del 20 agosto, per capire se davvero l'esecutivo gialloverde è arrivato al capolinea con il voto di sfiducia e che ruolo si prepara per Fi. Da una parte lavorano i «pontieri» pro-Lega, in testa Niccolò Ghedini e Lucia Ronzulli e dall'altra tengono aperte porte alternative verso il centrosinistra i più scettici verso Salvini, da Gianni Letta a Mara Carfagna.
La linea ufficiale è che, comunque, i due leader si sono accordati telefonicamente e che è stata accantonata anche la proposta del listone unico, dove sarebbero annegati simbolo e storia del partito fondato 25 anni fa dal Cavaliere, sotto lo slogan «Salvini premier», così come quella di far spazio nella coalizione al movimento in erba di Giovanni Toti. Ma in tanti temono che, in realtà, in quelle telefonate si sia detto ben poco e si sia solo rinviato il chiarimento politico con Salvini. Uno dei questi è Renato Brunetta, che a Palazzo Grazioli c'era, e ora dice: «Lavoriamo per un centrodestra unito, plurale e pro-Europa, non per un governo populista e sovranista».
Ieri, con il leader leghista a Genova per le cerimonie a un anno dal crollo del ponte Morandi, che incontra il governatore della Liguria, totiani come il laziale Adriano Palozzi parlavano sui social di un accordo per non tener fuori dalla coalizione il movimento Cambiamo. Uno scenario che potrebbe concretizzarsi solo se l'accordo di Salvini con Fi saltasse.
I timori degli azzurri moderati, soprattutto quelli che in questi mesi si sono esposti contro la spregiudicata politica del Capitano, nascono dalla possibilità che il leghista forte degli ultimi sondaggi voglia farla da padrone nell'alleanza, dettando la linea e anche mettendo bocca su liste azzurre politiche e regionali dove entrerebbero solo candidati di Fi di sicura fede salviniana. Preoccupazioni che riguardano anche la posizione antieuropeista del Capitano, ben diversa da quella di una Fi radicata nel Ppe, che ha come vicepresidente Antonio Tajani, come si è visto all'elezione della presidenza della presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen. In agitazione sono anche gli azzurri del Sud, a incominciare dal coordinatore siciliano, Gianfranco Miccichè, decisi a far pesare il fatto che da Roma in giù la Lega ha bisogno dei voti di Fi, alle regionali come alle politiche.
Solo preoccupazioni personali per la poltrona e protagonismi interni, minimizzano gli altri, che insistono nell'assicurare che il patto è
molto vicino e Fi tornerà così centrale sulla scena politica. Chi dorme sonni tranquilli è certo la leader di FdI Giorgia Meloni, che il suo accordo sovranista con Salvini l'ha già in tasca e non rischia di finire in un listone.
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