Continua la corsa della Lega per la raccolta delle firme in favore dei referendum popolari sulla giustizia. Matteo Salvini, ieri a Genova, è tornato sull'argomento proprio all'indomani del voto unanime del Consiglio dei ministri sulla cosiddetta «riforma Cartabia». Si tratta, dice il leader leghista, di un primo passo. Molto si dovrà ancora fare in sede parlamentare per aggiustare il tiro e molto ancora si potrà fare con i referendum. Ancora una volta Salvini conferma che la campagna referendaria non è un'arma contro il governo. Semmai un aiuto e uno stimolo. «Noi siamo al governo con Draghi per riformare, rivoluzionare e ammodernare questo Paese - dice -. Ma la sostanziale riforma della giustizia la fanno gli italiani firmando nelle piazze e nei comuni. Dopo 30 anni di chiacchiere questi referendum saranno un aiuto a Draghi per correre nel suo processo riformatore e la garanzia che se qualcuno si metterà di traverso in Parlamento, e penso ai 5 Stelle, saranno gli italiani con la firma e col voto per il referendum a dare veramente tempi certi certezza della pena e giustizia giusto».
Al convegno genovese dei giovani industriali ieri c'era anche il coordinatore nazionale di Forza Italia. E da quella ribalta ha espresso un'idea quanto mai affine a quella del leader leghista sulla giustizia da riformare. «C'è ancora - spiega Antonio Tajani a proposito della riforma Cartabia - una serie di questioni che riguardano lo snellimento del processo penale che andrebbero risistemate, ma si può fare un maxi emendamento per correggere questa riforma in direzione garantista». «Il movimento Cinquestelle non può fare campagna elettorale - aggiunge l'europarlamentare l'azzurro a proposito delle resistenze in casa grillina sulla questione della prescrizione - pensando ai propri interessi e non a quelli degli italiani».
Tajani e Salvini poi concordano su un altro punto fondamentale: la riforma della giustizia e il supporto che ad essa può venire dai sei quesiti referendari devono puntare sullo snellimento delle procedure giudiziarie. «Un processo civile dura in media 7 anni e 4 mesi, siamo ultimi in Europa con la Grecia - ammonisce il leader del Carroccio -. A rientrare di un credito commerciale un imprenditore italiano ci mette 3 anni che è più del triplo della media europea. Se non si riforma la giustizia italiana in termini di efficienza le imprese saranno ferme. Senza una giustizia giusta l'Italia non sarà mai un Paese civile».
Anche il candidato sindaco del centrodestra per Napoli, il magistrato in congedo Catello Maresca annuncia la sua firma per i referendum. «Condivido tutti e sei i quesiti e li firmerò». Sul fronte organizzativo, poi, Salvini si appella a parlamentari e consiglieri regionali. Dal 17 agosto al 12 settembre saranno arruolati nel quartier generale di via Bellerio a Milano per passare al setaccio i milioni di firme raccolte per i referendum. Il leader della Lega ha scritto una lettera a tutti gli eletti, sottolineando la necessità di controllare «la corrispondenza tra firme e certificato elettorale» per ognuno dei sei quesiti. Un lavoro enorme: per ciascun referendum serve un numero di sottoscrizioni di almeno 500mila cittadini. «Significa che, come minimo, - scrive il leader leghista - ci saranno più di tre milioni di documenti da controllare.
Passaggio indispensabile per ottenere il via libera alla consultazione popolare, nella prossima primavera». Nella sede del Carroccio di via Bellerio sono stati intanto preparati i locali per raccogliere tutti i documenti che dovranno essere controllati e vidimati dagli eletti.
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