Secondo la liturgia di ogni legislatura, l'applauso dell'aula di Montecitorio scatta quando lo spoglio è ancora in corso ma il conto dei voti ha superato la soglia fatidica dei 315 voti, la metà più uno dei deputati. Roberto Fico ha in tasca la presidenza della Camera, i suoi esultano come fossero allo stadio, gli altri guardano, qualcuno applaude educatamente ma senza grande entusiasmo.
Alla fine, però, il bottino dei voti si ferma parecchio al di sotto del previsto, rispetto alla sua maggioranza: sulla carta, Fico poteva contare su 488 voti (227 grillini, 124 Lega, 106 Forza Italia, 31 Fratelli d'Italia), ma ne incassa solo 422. All'appello ne mancano 66: molti sospettano i mal di pancia nelle file berlusconiane, dove l'entusiasmo per il barbuto pentastellato partenopeo non è proprio alle stelle. Ma i più avvertiti suggeriscono di guardare anche in casa del neo-presidente: tra Fico e Di Maio, notoriamente, l'inimicizia politica è forte, e l'aspirante premier della Casaleggio voleva promuovere sullo scranno più alto di Montecitorio il suo fedelissimo Riccardo Fraccaro, ma nella notte ha dovuto ingoiare il rospo e accettare «il veto», come lo ha chiamato, di Berlusconi sul suo nome. E ripiegare sul suo rivale. «Io non volevo accettare veti - spiega ai suoi - ma Riccardo ha fatto un passo indietro, e ora con lui abbiamo tutti un debito», tiene a sottolineare. Probabilmente Fraccaro verrà promosso questore della Camera.
Dopo un vertice con Beppe Grillo all'Hotel Forum è lo stesso Di Maio ad annunciare in mattinata, davanti all'adunata degli eletti grillini in visibilio, che «la Camera dei deputati tocca a noi», e che il candidato sarà Fico. Segue, nella più classica iconografia stalinista, l'abbraccio appassionato tra i due, tra ali di folla plaudenti. Poi l'armata pentastellata si mette in marcia verso l'aula, dove alle 10 e 30 iniziano le votazioni.
Parte la prima chiama dei deputati, e gli eletti di Forza Italia non partecipano al voto: attendono di vedere come vanno le cose a Palazzo Madama, e se i senatori Cinque Stelle obbediscono agli accordi e votano disciplinatamente la pasdaran berlusconiana Maria Elisabetta Alberti Casellati. Il patto tiene, e ben presto anche gli azzurri iniziano a votare. Prima di pranzo è tutto fatto, e Beppe Grillo twitta un non proprio originalissimo: «Habemus Fico». Il quale Fico mette intanto online sui suoi profili social la scenetta, prontamente filmata dall'Ufficio comunicazione dei Cinque Stelle: lo stato maggiore che attende fremente la notizia negli uffici del gruppo, Di Maio che esibisce la sua esultanza quando il presidente pro-tempore Roberto Giachetti legge il risultato ufficiale, e il bis di effusioni con il sostituto della Boldrini. La quale, con grande fair play, è la prima a fargli le congratulazioni (nonostante gli insulti feroci incassati dai grillini): «Innanzitutto faccio a Roberto Fico gli auguri. Il suo sarà un compito non facile, ma è un grande onore».
Il neo-presidente poi scende in aula e pronuncia compunto il suo discorso della corona. Non hanno avuto molto tempo per prepararglielo, e un po' si vede: «Sono emozionato a rivolgermi a tutti voi e a tutti i cittadini, grazie per la fiducia per l'incarico di alta responsabilità».
Un Parlamento «centrale», prosegue, è «un Parlamento in cui i cittadini possono fidarsi», anche «per dare nuovo valore all'idea stessa di Europa e delle sfide globali». Il concetto non è chiarissimo. In ogni caso, assicura, la sua priorità sarà il mitologico «taglio dei costi della politica».
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