A Montecitorio il blitz non è riuscito. Ma per la prima volta, la dissidenza del M5s si è manifestata quasi al completo. Mercoledì alla Camera il pallottoliere è salito a quota 25, tanti sono stati gli assenti «ingiustificati» durante la votazione della legge sulla legittima difesa voluta dal ministro dell'Interno Matteo Salvini. «Non è una nostra legge, ma è nel contratto», questa la giustificazione di Luigi Di Maio e dei suoi fedelissimi prima del voto. Forte della certezza ex ante che, sul disegno di legge, il centrodestra si sarebbe ricompattato, con il sostegno di Fratelli d'Italia e Forza Italia alla maggioranza. Anche per questo motivo, sussurrano i bene informati, molti grillini hanno disertato l'appuntamento a «cuor leggero». Non i «fichiani» in senso stretto, i quali, dice una fonte pentastellata «si sarebbero opposti comunque per mettere in difficoltà il governo e la leadership di Di Maio» ma un'area più vasta, in cui sarebbero compresi anche alcuni dei 29 deputati in missione per la giornata di mercoledì. Questi parlamentari, una volta al sicuro da crisi di governo e provvedimenti disciplinari interni, hanno agito secondo coscienza, evitando di appoggiare una legge che non condividevano. Si tratta di eletti in maggioranza alla prima legislatura, critici nei confronti di Di Maio seppur non direttamente riconducibili a Roberto Fico.
Tra i pasdaran «fichiani» assenti, invece ci sono Luigi Gallo, Giuseppe Brescia e Doriana Sarli. E speculare sarà la situazione al Senato, dove però il governo può contare su una maggioranza di soli 4 voti. Uno scenario simile, con le dovute proporzioni rispetto al numero maggiore di eletti nella camera bassa. Infatti a Palazzo Madama potrebbero sabotare il voto sulla legittima difesa una decina di senatori M5s. Tra questi sicuramente ci saranno Paola Nugnes e Elena Fattori, ancora sotto giudizio da parte dei probiviri, Virginia La Mura e Matteo Mantero. Perplessità anche dal professore avellinese di Diritto civile Ugo Grassi, considerato vicinissimo a Luigi Di Maio. Tra chi ha espresso con più chiarezza la propria contrarietà c'è la senatrice Nugnes.
Che su Facebook ha scritto: «È lo Stato che deve rendere più sicure le nostre città, bisogna uscire dall'idea di doverci difendere o farci giustizia da soli. Non abbiamo certo bisogno di legalizzare la violenza gratuita, perché di questo si tratta», ha concluso.
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