
Che qualcosa era cambiato nella percezione che i francesi hanno del nostro Paese si è capito una settimana fa. Il vertice tra il presidente Macron e la premier Giorgia Meloni si è allungato ben oltre i tempi previsti dai media parigini. Un lungo e proficuo (come concordano i protagonisti) vertice in cui si è fatto il punto su Ucraina, Gaza, immigrazione, guerra dei dazi e Nato. E alla fine del quale i giornalisti francesi hanno trasmesso nelle loro cronache «la presidente del Consiglio, ha mostrato ai suoi concittadini che la fermezza con la Francia può pagare».
Da tempo l'Italia, stando agli indicatori internazionali, ha raggiunto (se non superato) i cugini d'oltralpe per quanto riguarda lavoro e crescita economica. E di certo il merito, come concordano i giornali francesi, è di chi tiene le mani sul timone del «vascello» italiano.
L'ultimo tributo sa di consacrazione. E arriva dalle pagine patinate del magazine pubblicato da Le Figaro. La copertina è dedicata proprio alla Meloni e fin dal titolo è facile intuire dove va a parare il giornalista Jean Marc Gonin: «Le ragioni di un successo». L'identikit fornito fin dalla copertina parla di una Meloni «di destra, cattolica e liberale».
L'inchiesta del magazine che incorona la presidente del Consiglio «per la sua etica del lavoro e la sua padronanza delle questioni», arriva a pochi giorni di distanza da un altro servizio uscito sulle pagine del quotidiano parigino dedicato, in questo caso, alle destre europee. Anche in quell'occasione il giornale francese indicava nella Meloni un modello. E precisamente un modello per la destra d'oltralpe attraversata da una grave crisi dopo la rinuncia forzata alla corsa per l'Eliseo di Marine Le Pen. Meloni da paria fascista a modello della destra francese, il titolo dell'articolo, dove si sottolinea come i protagonisti della destra francese confessano di ispirarsi alla leader di Fratelli d'Italia.
«In poco più di due anni e mezzo al potere - si legge sul settimanale del Figaro adesso in edicola - la Lady di Ferro italiana si è imposta come la figura centrale della politica transalpina. La sua curva di popolarità resta alta e i sondaggi favoriscono il suo partito». Gorin si spinge anche oltre quando ricorda che «la prima donna a governare l'Italia impressiona alleati e avversari - continua l'articolo -. In un sistema politico propizio alle crisi a ripetizione, agli intrighi machiavellici e ai tradimenti, lei sembra condurre la barca con mano sicura, dando ai suoi connazionali un inedito sentimento di stabilità». Nemmeno ai tempi di Draghi si sono visti encomi tanto sperticati sulla guida del nostro Paese.
Dopo averla descritta in un momento della cerimonia del 2 giugno all'Altare della Patria con la «giacca bianca ornata da una coccarda tricolore» che «spicca rispetto alle uniformi scure indossate dagli uomini che la circondano», Gonin si concentra sui rapporti con l'Europa e in particolare con la Francia di Macron. «Non ha esitato - scrive - ad adottare atteggiamenti decisi nei confronti dei suoi partner che, nel corso dei decenni, si erano abituati a trovare interlocutori transalpini più disponibili».
Negli elogi alla nostra premier i francesi arrivano per ultimi.
Già il New York Times ne fece un benevolo ritratto nel bilancio del suo primo anno di governo mentre The Economist l'aveva dipinta come «maestra di realpolitik», capace cioè di bilanciare gli interessi nazionali con quelli europei senza perdere il consenso».