Roma Anche lo Stato ha un problema di crediti inesigibili, come le banche. Quello che è peggio è che i debitori sono quasi tutti i contribuenti italiani. Indebitati, non per comprare un bene di consumo, la casa per i figli o per finanziare un'attività economica. Il rosso dei bilanci familiari tipico degli anni Cinquanta è stato sostituito da un indebitamento cronico con il fisco.
L'ennesimo dato horror tributario è emerso ieri durante un'audizione dell'amministratore delegato di Equitalia Ernesto Maria Ruffini. «A oggi ci sono circa 21 milioni di contribuenti che risultano avere debiti a vario titolo» con gli «oltre 8 mila enti creditori» per cui esercita la riscossione Equitalia. Dalla cifra sono quindi esclusi gli enti pubblici che hanno affidato ad un'altra società la riscossione.
Fenomeno diffuso e capillare. I debitori del fisco italiano non sono solo aziende sull'orlo del fallimento o evasori cronici. Il 53% dei 21 milioni di contribuenti debitori, ha «accumulato pendenze che non superano i 1000 euro». Piccoli debiti, che segnano in qualche modo il fallimento della filosofia della compliance. Il fisco amico che non infierisce sui piccoli.
I creditori, cioè stato regioni, comuni e gli altri enti pubblici, hanno affidato alla prima società di riscossione un «carico contabile» di 817 miliardi di euro. Cifra depurata dalle cifre non dovute al fisco. Quelle per le quali i contribuenti hanno vinto un ricorso. Ma che per oltre il 43% è difficilmente recuperabile, ha informato Ruffini. Quindi ci sono 351 miliardi di crediti dello Stato che non saranno mai incassati. Circa un quinto del Pil.
È bene precisare, non si tratta necessariamente di evasione. Anzi. I debitori del Fisco sono visibili e spesso sono semplicemente impossibilitati a pagare. Oppure sono contribuenti che hanno dimenticato di pagare piccole somme. La spia di un problema strutturale.
Degli 817 miliardi, ha spiegato Ruffini, 147,4 miliardi di euro sono dovuti da soggetti falliti, 85 miliardi di euro da persone decedute e imprese cessate, 95 miliardi di euro da nullatenenti (in base ai dati presenti nell'Anagrafe tributaria), per altri 30,4 miliardi di euro la riscossione è sospesa per provvedimenti di autotutela emessi dagli enti creditori o sentenze dell'autorità giudiziaria.
Ruffini ha sottolineato come tale «fotografia induca a una riflessione in ordine alle ragioni per le quali nel 2017 ancora si discuta della possibilità di riscuotere somme iscritte a ruolo dagli enti impositori oltre 15 anni fa».
La ragione è che l'alternativa è che quelle cifre diventino direttamente debito pubblico. Un lusso che i governi, questo in particolare visto che è alle prese con una trattativa difficilissima con Bruxelles, non si sono potuti permettere.
La cifra monstre, l'importo e il numero di contribuenti coinvolti, dovrebbero suggerire alla politica che c'è ancora un problema. Nella sinistra doc, prevale ancora l'impostazione classica. Quella delle tasse come strumento di giustizia sociale.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, candidato alle primarie per sinistra Pd, ieri ha spiegato che la flat tax, cioè un'aliquota unica, non va bene. E che il peso del fisco va semmai «rimodulato». Tradotto: le tasse non si abbassano.
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