Quel filo rosso tra la Fedeli ed Etruria

Altri due punti deboli: il suo ruolo ad Arezzo e il ddl sul gender

Quel filo rosso tra la Fedeli ed Etruria

Questo esecutivo fantoccio sa tanto di governo dell'Etruria. Lo dimostra Valeria Fedeli, ministro dell'Istruzione. Questa ex sindacalista Cgil, ultracomunista, è il filo rosso che lega il governo con Arezzo, con Banca Etruria, con Maria Elena Boschi e con la politica di sinistra in salsa toscana. Sarà un caso, ma la Fedeli è stata capolista per il Senato proprio in Toscana nel 2013 e ad Arezzo si è vista parecchie volte in campagna elettorale. Frequentava la città che conta, quella del Pd, dell'entourage vicino a Maria Elena, delle grandi aziende orafe, quella della banca e dei poteri forti, proprio nel momento in cui l'istituto vendeva titoli spazzatura ai suoi clienti per cercare di non fallire.

Si vede più volte fotografata vicina all'onorevole Pd Marco Donati (ex assessore con il sindaco Fanfani), spesso nominato nell'affaire Etruria, in quanto figlio di un proboviro della banca nonché amico fedele di Maria Elena Boschi. In una di quelle visite ad Arezzo si vede in una foto la Fedeli con Donati, la senatrice Pd Donatella Mattesini (anche lei eletta ad Arezzo) e Sergio Squarcialupi (detto il Cavaliere Bianco), amministratore delegato di Chimet, azienda specializzata in recupero metalli, finita sotto le grinfie del pm Roberto Rossi con l'accusa di disastro ambientale con spettacolare blitz nel 2008 (con tanto di elicottero); inchiesta fallita miseramente con un altro buco nell'acqua del procuratore. Squarcialupi è anche quello che ha salvato con due milioni, l'azienda dell'oro Unoaerre sulla via del fallimento. Salvataggio sospetto, avvenuto nel 2012, proprio durante il processo Chimet che lo vedeva imputato.

La nomina della Fedeli ha fatto poi infuriare il popolo del Family Day. La ex senatrice comunista si è spesa in questi anni affinché nelle scuole entrassero le teorie di genere. Eppure il cattolicissimo Gentiloni ha dovuto lo stesso garantirgli una seggiola. «La sua nomina è come una dichiarazione di guerra - tuona Filippo Savarese, portavoce di Generazione Famiglia - Nei prossimi mesi il diritto di priorità educativa dei genitori sarà più a rischio che mai. Organizzeremo una manifestazione popolare presso il Miur per ribadire che sulla loro libertà educativa i genitori non faranno sconti».

Ma il punto è un altro. La Fedeli è molto legata ad Arezzo e al mondo vicino alla Boschi, che pur essendo stata bocciata dagli italiani è stata premiata dal governo Renziloni con una delicatissima poltrona da sottosegretario alla presidenza del consiglio, che ne fa di fatto la «numero due» del governo. Eppure il 22 maggio 2016 a In Mezz'ora aveva promesso davanti all'Annunziata (che le aveva fatto pure i complimenti) che se fosse fallita la sua sfida referendaria avrebbe (come Renzi) lasciato la politica: «Torno a casa anche io se vince il No, la mia esperienza politica è finita». Invece ha fatto tutto il contrario.

Anche in questo accomunata alla Fedeli che appena il 28 novembre scorso a L'aria che tira su La7, promise la stessa cosa in un italiano terrificante: «Io penso che il giorno dopo se ha vinto il No, tu ne devi prendere atto, non puoi andare avanti perché, a quel punto, non hai l'autorevolezza ed è giusto rimettere il mandato, da parte del premier, secondo me, ma anche con la consapevolezza dei parlamentari. Tolgo l'alibi a chi pensa: Tanto stiamo lì fino al 2018. Perché pensano alla propria sedia. Io non penso alla propria sedia». E questa sarebbe il ministro dell'Istruzione.

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